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Amsterdam, 6.20 am<br />

Giovanni Binet<br />

Al binario ad aspettare il treno saremo circa in cinquanta. Metà e<br />

metà. Metà sono olandesi, metà sono stranieri, come me. Metà si<br />

trascinano una grossa valigia e il poster del Museo Van Gogh, sono<br />

diretti all’aeroporto, per il primo aereo della mattina. Metà, invece,<br />

tornano a casa come me, tornano nella pianura olandese dopo l’ennesimo<br />

sabato sera. E l’ennesimo sabato notte. Probabilmente l’ennesima<br />

domenica mattina. Già, che diavolo di ore sono? Guardo in<br />

alto e vedo qualcosa muoversi. Sono due piccioni. Sotto di loro un<br />

orologio, metto a fuoco con fatica le lancette: sono le sei. Ancora<br />

venti minuti. Con uno sforzo che mi sembra sovrumano osservo i<br />

miei simili, la mia metà. Le nostre camicie fuori dai jeans, le nostre<br />

gonne che si sporcano contro la parete delle scale mobili, i nostri<br />

capelli spettinati ci fanno sentire più vicini di quanto lo siamo stati<br />

per una notte intera dentro una discoteca. Qualche carta sporca di<br />

kebab per terra, un paio di bottiglie di birra mezze vuote. E poi le<br />

movenze lente, goffe, ritardate dall’alcol e dalla stanchezza. È come<br />

se, tra di noi, ci fosse una sorta di alleggerimento delle convenzioni<br />

sociali: tutt’a un tratto non ci vedo nulla di strano nel sedermi per<br />

terra a fianco a una coppia che si deve essere appena formata, a<br />

giudicare dalla violenza delle effusioni. Sorrido quando i piccioncini<br />

mi cadono addosso, e li spingo via senza che le loro labbra si<br />

stacchino. Sento però su di me gli sguardi schifati di un’altra coppia<br />

che, valigia e poster in mano, torna dal suo fine settimana romantico.<br />

Per ripicca mi metto a guardarli io: entrambi indossano<br />

indumenti pesanti e se li stringono addosso. Colgo la sottigliezza e<br />

penso che forse è meglio se mi metto la felpa che porto arrotolata<br />

in vita. Farà anche freddo, ma proprio non lo sento. Finalmente<br />

ecco lo stridere <strong>dei</strong> binari. Qualche secondo e la sagoma della locomotiva,<br />

gialla e sporca, si ferma proprio davanti a me. Sono le sei e<br />

venti.<br />

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