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Correndo per la strada<br />

Lorenza Pravato<br />

Non che non senta la sveglia, fingo di non sentirla per impietosirlo;<br />

ma non lo impietosisco mai. Anche stamattina, alle cinque,<br />

mio marito mi porta a correre. È una tortura, ma serve. Non tanto<br />

per la salute o l’aspetto fisico: in certi momenti della vita serve proprio<br />

esser veloci. Alle cinque e venti del mattino, in un paio di braghe<br />

ridicole e una maglietta che neanche mi son presa la briga di<br />

stirare («tanto alle cinque chi mi vede?»), mi espongo al ludibrio<br />

<strong>dei</strong> triestini annaspando per le strade della loro città. Rimpiango il<br />

mio periodo spugna di mare, lo rimpiango sempre su per la scalinata<br />

di Santa Maria Maggiore. Poi mi giro. Mi giro perché potrei<br />

tirar le cuoia su questi gradini e voglio gettare un ultimo sguardo<br />

all’uomo della mia vita, nonché, possibilmente, instillargli almeno<br />

un po’ di senso di colpa per ciò che mi sta facendo fare. È qui che<br />

lui mi frega: ha l’aria così fiera di me che io ce la metto tutta per<br />

dargli una soddisfazione e non essere un peso per lui quando arriverà<br />

il momento di essere veloci. A rotta di collo giù per via di Donota,<br />

sfioriamo il ghetto e trafiggiamo piazza Unità. Piazza Venezia,<br />

torniamo per le rive. Un quarto alle sei, strambiamo su molo<br />

Audace, dove l’andare è splendido, perché conduce all’infinito, e il<br />

tornare meraviglioso, perché offre la città intera. Meno ciance e più<br />

fiato, rossa! Bisogna spingere per star sotto l’ultimo tempo. Rettilineo<br />

finale. Non finisce mai. E adesso «è tardi, ma possiamo farcela<br />

se corriamo» e «non sono i polmoni, è il tuo cuore che ha in mano<br />

il tuo destino». «Correremo finché non crolleremo», «nessuna ritirata,<br />

nessuna resa» e tutte quelle belle cose lì, che ci ha insegnato<br />

lui e che ora mi suonano in testa. Sbam. Pugno sulla porta della<br />

Tripcovich otto minuti prima delle sei. Perdo le bave, non riesco a<br />

parlare, ma mio marito fa «sì» con la testa. Cinquantun secondi<br />

meno di ieri. L’allenamento per la conquista della transenna del<br />

prossimo concerto di Springsteen è appena iniziato.<br />

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