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L’indipendenza sentimentale<br />

F. Saverio Ligi<br />

Esco dall’ufficio con il senso di colpa per i minuti rubati alla pausa<br />

pranzo. Ieri ho lasciato metà del mio pasto per il poco tempo disponibile.<br />

Qui negli Usa la quantità di cibo servita esce da qualsiasi<br />

logica. I miei colleghi tornano dalla pausa con fumanti contenitori<br />

che inondano l’ufficio di odori che sembrano provenire da lontano.<br />

Seguendo la scia che impregna i corridoi riesco facilmente a<br />

distinguere piatti cinesi, indiani, odori esotici, difficile dire cosa,<br />

sembra lavanda. Non amo portare il pranzo in ufficio, così ho rubato<br />

questi minuti. Raggiungo un tavolo al sole e mi guardo intorno.<br />

Cosa c’è che non va in loro? Perché gestiscono così il tempo?<br />

Si tratta di dedizione al lavoro? Non credo. I californiani tengono<br />

al tempo libero. Cercano forse di evitare il contatto? Ecco che quell’indipendenza<br />

sentimentale che gli americani emanano torna a<br />

tormentarmi. Inizio a sentirmi fuori posto: l’unico interessato a ciò<br />

che mi circonda. Alcuni mi guardano, ma ho la sensazione che non<br />

si chiedano chi io sia e «perché» io sia. Dai loro occhi traspare diffidenza,<br />

frutto della paura che possa invadere il loro campo emozionale.<br />

Arriva il piatto, ma non riesco a finirlo. Un cameriere cinese<br />

mi chiede se voglio un contenitore. Mi chiedo quale sia la sua storia<br />

e se sia felice. Perdo l’interesse quando vedo con quanta impazienza<br />

e indifferenza attende la risposta. L’empatia richiede reciprocità.<br />

«You can eat it» è la mia acida risposta. Mi dirigo verso l’ufficio.<br />

Fossi il capo costringerei tutti a mangiare insieme. In realtà<br />

non lo farei, per un motivo semplice: me ne infischio. Ho i miei<br />

affetti, i miei interessi. Perché dovrei espormi con sconosciuti? Accidenti,<br />

sto diventando come loro! Eccola l’indipendenza sentimentale!<br />

Be’, non è male. Questa pigrizia mentale aiuta a concentrarsi<br />

su ciò a cui tengo veramente. Ma che dico? Come faccio a essere<br />

sicuro che dietro a una stupida conversazione non ci sia il segreto<br />

della mia felicità? Al diavolo, io torno dal cinese.<br />

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