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La vita di una studentessa media<br />

Emanuela Restelli<br />

7.20 di una qualunque mattina della settimana: sto andando a<br />

prendere il treno Fnm che mi porterà a Varese. Il tabellone avvisa<br />

che il treno è in ritardo di svariati minuti, come al solito, e mi rassegno<br />

al fatto che anche oggi arriverò a scuola in ritardo. Alla fine del<br />

viaggio riesco a individuare la porta strategica del vagone, quella che<br />

si ferma proprio davanti al sottopassaggio, ma nonostante questo<br />

vengo ugualmente ingoiata, digerita e risputata dalla folla di pendolari<br />

appena giunti. Acchiappo al volo due giornalini gratuiti distribuiti<br />

all’uscita e corro alla stazione delle Fs, inseguendo la vana speranza<br />

di prendere l’ultimo autobus utile per arrivare in orario. Ovviamente<br />

questo riparte proprio mentre sto per salire chiudendomi<br />

le porte in faccia e sono costretta ad aspettare l’ultimissimo.<br />

Quando finalmente sono seduta sfoglio uno <strong>dei</strong> giornali e leggo due<br />

notizie: l’esperimento al Cern e gli ascolti dell’ennesimo programma-spazzatura.<br />

Penso che ormai sono una delle poche giovani<br />

pecore nere che preferirebbe far parte del primo progetto e non del<br />

secondo, che crede che le noiosissime formule di chimica organica e<br />

il De bello gallico di Cesare potrebbero aiutarmi nel diventare qualcuno<br />

grazie al mio cervello e non a quanto sono svestita, che un<br />

giorno questa società potrebbe cambiare anche grazie a me, nel mio<br />

piccolo. So bene che sono soltanto sogni e ambizioni ma rifletterci<br />

sopra mi dà speranza. Nel frattempo una donna di fianco a me blatera<br />

su noi giovani maleducati e conciati da far paura, senza pensare<br />

al fatto che sia il punk dell’artistico con il mozzicone di matita all’orecchio<br />

sia il «borghesotto» con la camicia e i mocassini sono delle<br />

testoline pensanti, che lo stile di ognuno è personale e forse lei si è<br />

troppo inacidita con gli anni. Poi avvisto finalmente il mio liceo,<br />

scendo dal pullman e mi lancio verso la mia classe. La prof mi avverte<br />

che mi segnerà il ritardo sul registro; sospiro e mi siedo al mio<br />

banco. Un altro giorno è cominciato.<br />

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