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Una mattina come altre<br />

Alina Migliori<br />

Come ogni mattina esco da casa, per andare a prendere il treno.<br />

Sono le 6.30. È ancora buio intorno a me. Mi accendo una sigaretta,<br />

faccio un tiro e tengo il fumo in bocca per un po’. Lo lascio<br />

uscire con violenza per confonderlo con la nebbia che mi avvolge.<br />

Mi guardo in giro. Nel parco vicino casa mia, s’intravedono figure<br />

oscure accompagnate da cani già pieni di voglia di vivere nonostante<br />

l’ora. Mi dirigo a piedi verso la stazione di Rogoredo. Gli<br />

autisti della 95, che fa capolinea lì vicino, sono chiusi nei loro<br />

mezzi al riparo dalla frescura mattutina. Gli passo vicino, li guardo<br />

e li saluto con la testa. Li vedo tutte le mattine, ormai è quasi un<br />

rito. Entro in stazione e mi dirigo subito al binario 3 scendendo<br />

nel sottopasso. C’è un vecchio sdraiato per terra che riposa, infagottato<br />

nel suo giaccone. Gli cammino vicino e mi fermo qualche<br />

secondo per controllare che stia respirando. Non si sa mai, col<br />

freddo che c’è di notte. Sto per avvicinarmi di più, quando muove<br />

di scatto un piede. Bene, sta sognando. Speriamo che almeno nel<br />

sogno se la stia passando meglio. Salgo le scale e mi ritrovo davanti<br />

ai soliti volti familiari. Visi stanchi di pendolari. Il treno stranamente<br />

è in orario, meglio perché sono un filo infreddolita. Salgo e<br />

mi siedo nel primo posto libero che trovo, vicino al finestrino per<br />

godermi il panorama delle risaie avvolte dalla nebbia mattutina. Il<br />

treno mi mette sempre un po’ di sonno, sarà il suo dondolio e il<br />

rumore costante che ricorda quello di un metronomo; non faccio<br />

in tempo ad appoggiare la testa sullo schienale che mi appisolo. Mi<br />

sveglio di soprassalto tirata per un braccio. È uno di quei volti familiari<br />

con cui però non ho mai familiarizzato. Mi avvisa: la prossima<br />

stazione è la mia. La mia, la nostra. Già la nostra, perché anche<br />

lei viene con me. Facciamo sempre un pezzo di strada insieme<br />

usciti dalla stazione, poi le strade si separano. Ognuno con i propri<br />

pensieri, ognuno avvolto nel suo torpore.<br />

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