Giovanni Paolo II, beato Mondo arabo in rivolta ... - Aracne editrice
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Valli Navarro GP<strong>II</strong>.qxp 05/04/2011 15.38 Pag<strong>in</strong>a 262<br />
262<br />
Come visse l’attentato del 1981? In che modo quel<br />
fatto ha segnato la sua visione della vita e del mondo?<br />
È stata una percezione brutale e <strong>in</strong>aspettata del male.<br />
Però subito dopo, quando <strong>in</strong> ospedale si è reso<br />
conto che l’attentato aveva avuto luogo nel giorno<br />
della Madonna di Fatima, ha colto la co<strong>in</strong>cidenza<br />
anche con la percezione del bene. Io penso che non<br />
sia mai stato particolarmente curioso di conoscere<br />
la trama nascosta dietro l’attentato, ma piuttosto di<br />
sapere che senso avesse, che cosa Dio volesse dire<br />
a lui e al mondo. Certamente non era la prima volta<br />
che la sofferenza si faceva protagonista nella sua<br />
esistenza, ma era la prima volta che sofferenza e,<br />
<strong>in</strong>sieme, dolore fisico lo visitavano. Come il presagio,<br />
perlomeno un annuncio di quello che sarebbe<br />
stata la sua vita anni dopo.<br />
Lo «scippo» di Yalta & l’89<br />
Qual è stato, secondo te, il suo reale contributo<br />
alla caduta del sistema sovietico?<br />
Penso <strong>in</strong> due modi, che sono poi come due facce<br />
della stessa realtà. In primo luogo, non accettava<br />
l’idea – allora molto diffusa nelle cancellerie <strong>in</strong> Europa<br />
e <strong>in</strong> America – che la spartizione di Yalta ci garantiva<br />
la pace, pur nella guerra fredda. Per lui l’<strong>in</strong>giustizia<br />
di quella spartizione, che rubava l’identità<br />
culturale a cent<strong>in</strong>aia di milioni di persone, non era<br />
accettabile. E non soltanto per ragioni geopolitiche,<br />
ma soprattutto per ragioni antropologiche, umane.<br />
Nel suo primo viaggio <strong>in</strong> Polonia pronunciò quella<br />
frase che fu la chiave di tutto quanto successe dopo:<br />
«L’esclusione di Cristo dalla storia dell’uomo è un<br />
atto contro l’uomo». Questo ha restituito ai polacchi<br />
la coscienza della loro usurpazione.<br />
In secondo luogo, f<strong>in</strong> da quando <strong>in</strong>segnava etica filosofica<br />
nell’Università di Lubl<strong>in</strong>o, lui pensava che<br />
non si poteva resistere all’avversario utilizzando i<br />
suoi stessi metodi violenti. Questo ha dato modo ai<br />
polacchi di capire che la sollevazione popolare<br />
avrebbe dato ai sovietici la scusa per una repressione<br />
militare. Con una saggezza straord<strong>in</strong>aria seppe <strong>in</strong><br />
quei dieci anni – dal 1979 al 1989 – stimolare l’autocoscienza<br />
nazionale e, <strong>in</strong>sieme, placare gli animi.<br />
Un capolavoro che oggi gli riconoscono tutti.<br />
Quali limiti vedeva nei sistemi democratici dell’Occidente?<br />
La propensione a trattare la persona umana come<br />
cosa, l’appiattimento dell’essere umano a primate<br />
evoluto. La riduzione della verità a mera conv<strong>in</strong>zione<br />
personale senza reali v<strong>in</strong>coli con la realtà. La<br />
tendenza a slegare il v<strong>in</strong>colo stretto – per lui <strong>in</strong>sc<strong>in</strong>dibile<br />
– tra libertà e verità. Il confondere la coscienza<br />
con la s<strong>in</strong>cerità. Tutto questo, naturalmente,<br />
non si deduce direttamente dalla democrazia politi-<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>II</strong>, <strong>beato</strong><br />
ca, ma era, ed è, qualcosa di ben presente nel paesaggio<br />
culturale dell’Occidente postmoderno.<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>II</strong> è riuscito ad avere un rapporto<br />
speciale con i giovani. Ma perché? Che cosa c’era<br />
alla base di questo rapporto così <strong>in</strong>tenso?<br />
Nessuno, né la famiglia, né la cultura, né la scuola,<br />
diceva ai giovani quello che lui diceva loro. Cosi almeno<br />
dicevano gli stessi giovani. Forse, da Rousseau<br />
<strong>in</strong> poi, la modernità ha dedicato quasi tutti i<br />
suoi sforzi educativi a coccolare i giovani. E questo<br />
è terribile, perché una persona coccolata è una persona<br />
che non conosce i suoi limiti. Lui diceva loro<br />
che erano molto superiori alle ipotesi che la cultura<br />
moderna offriva su loro stessi. Sapeva aprire loro<br />
orizzonti antropologici e religiosi che nessuno osava<br />
proporre ai giovani.<br />
Fede che si tocca con mano<br />
Per te è giusto beatificare un Papa a pochi anni<br />
dalla morte? Non c’è il rischio che la prospettiva<br />
storica sia ancora <strong>in</strong>sufficiente?<br />
Il tema qui, di fondo, non è di natura storica; è di<br />
virtù e di percezione di queste virtù. Durante molti<br />
secoli i santi sono stati proclamati dal popolo poco<br />
dopo la loro morte: era il senso della fede e la conoscenza<br />
di una persona che portavano il popolo a<br />
proclamare i santi. Qualcosa di simile è successo <strong>in</strong><br />
piazza San Pietro nel giorno del funerale. Il processo<br />
di beatificazione si è fatto con un tale rigore che<br />
la figura e l’opera di <strong>Giovanni</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>II</strong> appaiono<br />
per quello che sono state, con tutta la loro ricchezza.<br />
Sono state <strong>in</strong>terrogate più di un cent<strong>in</strong>aio di persone<br />
che l’hanno conosciuto, che hanno vissuto con<br />
lui, lavorato con lui durante gli anni del pontificato<br />
e anche negli anni precedenti a partire della sua<br />
adolescenza. Si è voluto anche ascoltare testimonianze<br />
di persone le cui critiche erano note. E hanno<br />
voluto anche testimoniare agnostici e non cattolici.<br />
È un vero peccato – anche se capisco le ragioni<br />
contrarie – che i c<strong>in</strong>que volumi di queste testimonianze<br />
e studi non siano pubblici. Si tratta di<br />
qualcosa di magnifico dal punto di vista storico e<br />
metodologico. Ma, ovviamente, è santo soprattutto<br />
perché, nonostante le malattie, le difficoltà, i sacrifici<br />
e il dolore, ha saputo dire sempre di sì a quello<br />
che Dio gli chiedeva.<br />
Quanto ha <strong>in</strong>ciso sulla tua vita spirituale la frequentazione<br />
di <strong>Giovanni</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>II</strong>? E <strong>in</strong> che modo?<br />
In questa dimensione personale preferisco essere<br />
molto breve. Non devo a lui la mia fede. Ma l’arricchimento<br />
di essa, sì. In lui, e con lui, l’oggetto della<br />
fede quasi si «vedeva».<br />
Aldo Maria Valli