Giovanni Paolo II, beato Mondo arabo in rivolta ... - Aracne editrice

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Milward Corti.qxp 06/04/2011 10.46 Pagina 305 niere, incluso persino il giapponese. Anche di fronte a così tanti cattolici liberali che in Occidente deplorano la minima traccia di «trionfalismo» e gli stanno addosso per la sua non celata difesa di «quel meraviglioso Medioevo» egli sa rimanere sulle proprie posizioni senza mostrare di essere perseguitato, se non inarcando le sue sopracciglia. Invece, per William Shakespeare, che vive e scrive nel mezzo della persecuzione elisabettiana, la situazione era diversa. Ovunque si muovesse, dalle Midlands e forse verso Lancashire e poi sino a Londra, era circondato da persecutori, spie, servizi segreti e da coloro che egli sfida in uno dei suoi sonetti definendoli «delatori corrotti». Scrittore in incognito Qualunque cosa egli scriva per il suo pubblico, sia a Londra sia nella campagna inglese, deve essere attento ad andare, come con le correnti del mare, sino a un certo punto, ma non oltre. Non può fare a meno di ricordare con nostalgia i buoni giorni antichi del Medioevo cattolico, quando l’Inghilterra era parte integrante del cristianesimo, ma deve celare tale nostalgia in opere come Riccardo II e Come vi piace, in cui il regno del primo è collocato nell’Inghilterra medievale e il circondario del duca esiliato è la foresta di Arden, si tratti delle Ardenne continentali o della propria Warwickshire Arden. Comunque, la gente poteva leggere tra le righe ed è noto che persino la regina Elisabetta si è riconosciuta in Riccardo: «Io sono Riccardo, non lo sai?», esclamò con rabbia. Tra gli innumerevoli esempi che potrei scegliere, lasciatemi riandare al discorso di Giovanni di Gaunt nel Riccardo II, in cui continua a ripetere: «Questa Inghilterra» con un fervore manifestamente patriottico. Ama il proprio Paese, ma non approva i suoi governanti (inclusa la regina Elisabetta), come vediamo passando da un encomio di più di venti righe ai tre successivi verbi di biasimo. Shakespeare non è un patriota liberale o sciovinista come l’attore Sir Laurence Olivier! Inoltre, un aspetto che va particolarmente notato in questo discorso è il modo in cui egli ricorda i grandi re plantageneti quali Riccardo I ed Edoardo I, che furono «conosciuti ovunque per le loro gesta, / per i servizi resi alla fede cristiana, e la loro cavalleresca lealtà, / fino nel luogo dov’è il Santo Sepolcro / del riscatto del mondo, del figlio di Maria benedetta, nella pervicace Giudea» 9 . Il risultato della cosiddetta «riforma» sotto il regno di Enrico VIII ed Elisabetta I è stato di separare l’Inghilterra dalla sua collocazione cristiana producendo un nuovo isolazionismo frainteso come patriottismo, tale da condurre a un regno di terrore esattamente analogo a quello che si è sviluppato in Francia in conseguenza della Rivoluzione francese. Tale è il sentimento che il drammaturgo variamente mette in bocca a Lady Constance nel Re Giovanni, allorché contro l’opportunismo di questo mondo, ossia di fronte all’abbandono di suo figlio Arturo da parte del re, esclama: «Oh, se la mia lingua si trovasse nella bocca del tuono! / Allora sì che scuoterei il mondo con furiosa passione!» 10 – dove nel suo «scuoterei» (shake) con un gioco di parole non è inverosimile percepire un’eco del nome Shakespeare. Anche nell’insufficienza della sua «lingua» possiamo riconoscere un’anticipazione del lamento del soliloquio di Amleto: «Ma pure, schiàntati, o cuore, ch’io debbo tenere a freno la lingua!» 11 . E ora, dopo aver parlato così a lungo senza avere esaurito quanto è possibile dire su questo argomento, devo seguire l’esempio di Amleto e tenere a freno la lingua. Potrebbe sembrare che nel corso della sua opera egli non faccia altro che questo, ma non è tanto Amleto, il quale non è che uno dei suoi molti personaggi, quanto Shake- speare a dover tenere a freno la lingua in considerazione dei numerosi possibili o probabili «delatori corrotti» presenti nel suo pubblico. Comunque, in tutti i miei numerosi e vari scritti su questo tema, culminanti in un recente libro intitolato Shakespeare the Papist, vedo il grande drammaturgo seguire le orme di due grandi santi e martiri, san Tommaso Moro e sant’Edmondo Campion, quale terzo grande campione e testimone del cattolicesimo nella travagliata età dei Tudor. È da questa prospettiva che io annovero volentieri il grande romanzo epico Il cavallo rosso e il romanziere Eugenio Corti come un altro campione e testimone del medesimo ideale cristiano. Peter Milward Traduzione di Matteo Andolfo 1 Ndt: il romanzo Il cavallo rosso consta di tre volumi, il primo dei quali si intitola anch’esso Il cavallo rosso, mentre gli altri due rispettivamente: Il cavallo livido e L’albero della vita. I tre titoli sono tratti dall’Apocalisse. 2 William Shakespeare, Tutte le opere. Romeo e Giulietta, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 121. 3 William Shakespeare, Tutte le opere. Come vi piace, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 67. 4 William Shakespeare, Tutte le opere. Riccardo II, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 131. 5 William Shakespeare, Tutte le opere. Riccardo II, cit., p. 81. 6 William Shakespeare, Tutte le opere. Il mercante di Venezia, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 187. 7 William Shakespeare, Tutte le opere. La dodicesima notte, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 173. 8 William Shakespeare, Tutte le opere. Molto strepito per nulla, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 155. 9 William Shakespeare, Tutte le opere. Riccardo II, cit., p. 81. 10 William Shakespeare, Tutte le opere. Re Giovanni, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 101. 11 William Shakespeare, Tutte le opere. Amleto, introduzione, traduzione e note di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003, p. 59. 305
Mathieu Nobel Edwards.qxp 06/04/2011 10.48 Pagina 306 306 BIOETICA Nobel senza «positive ricadute» Il nome dei premiati con il Nobel ormai non colpisce più, anche se desta a volte meraviglia che sia insignito del premio per la pace qualche terrorista messosi da poco tempo a riposo. Meriterebbe piuttosto un aggiornamento l’elenco di coloro che non hanno ricevuto il premio Nobel, a cominciare dal Mendeleiev, che scoprì la tavola periodica degli elementi, e dallo scrittore argentino J. L. Borges per finire (perché no?) con il nostro Nicola Cabibbo. Qui, però, voglio attirare l’attenzione su Robert Edwards, premiato nel 2010 per la Medicina, e di cui ci parla su Care (acronimo di Costi dell’assistenza e risorse economiche) del novembre-dicembre 2010 Ettore Cittadini, presidente della Fondazione per gli studi sulla riproduzione umana, di Palermo. Louis Pasteur diceva che per lo scienziato «il calice della felicità è colmo solo se le sue ricerche hanno ricadute pratiche positive»; e questa filosofia fu fatta propria dal Nobel, che perciò non premia, per esempio, ricerche di fisica teorica, ma solo di fisica sperimentale. Ora, la ricaduta pratica delle ricerche dell’Edwards – partito dall’ipotesi del genetista inglese John Burdon Haldane, secondo cui (1926) «nell’arco di una ventina d’anni sarebbe stato possibile creare individui al di fuori del corpo umano» – consiste nell’aver realizzato quello che allora era solo un auspicio. Il primo successo arrivò nel 1978, quando nacque la prima donna concepita in provetta (Louise Brown). Poi vi fu per un po’ un rallentamento, ma nel maggio 1987 nacque a Palermo il primo bambino da embrione congelato. Tutto questo si svolge sotto la sigla pma, che significa «procreazione medica assistita» («assistita dal medico»). Che il medico coadiuvi nel parto la levatrice è cosa vecchia quanto il mondo. A mio parere, però, è abusivo parlare di assistenza quando si tratta di fecondazione in vitro, «con o senza inseminazione intracitoplasmatica con prelievo microchirurgico degli spermatozoi»; anche se – dice Cittadini – tale assistenza «potrebbe definirsi un gioco di squadra nel quale le competenze del medico e della sua équipe si saldano all’assenso consapevole della coppia». Si tratta di un’interpretazione molto estensiva del giuramento di Ippocrate. L’impotenza secondo Cittadini Naturalmente in Italia, secondo Cittadini, la Santa Sede ostacola il libero sviluppo della ricerca scientifica: «Nel 2004 la legge 40, con i suoi tanti “lacci e laccetti” riporta indietro di vent’anni le lancette dell’orologio della ricerca e un confuso referendum stabilizza questo arretramento». Ettore Cittadini fa tuttavia una concessione: «Una specialità che lavora prevalentemente sul fallimento (70-75% dei casi) deve desistere da qualsiasi forma di onnipotenza divina». Cittadini (par di capire) rinuncia a equipararsi a Dio, che non lavora prevalentemente sul fallimento, perché «il coinvolgimento corporeo e psichico delle fasi della riproduzione assistita ha Il Nobel Robert Edwards una portata tale da rendere il fallimento un epilogo drammatico». Stando così le cose mi domando se tanto dispendio di energie intellettuali abbia davvero la «ricaduta pratica positiva» auspicata da Pasteur. Anche la mancata gravidanza ha effetti psicologici nefasti. Presso gli ebrei era segno di una condanna divina, non essendo in uso a quel tempo spermatozoi congelati di padri defunti o donatori «eterologhi» per porre in atto l’adulterio di Stato. Oggi le conseguenze possono ancora essere drammatiche (per es.: un transfert dal desiderio di prole a un’esibizione smodata di eleganza nel vestire); ma sono rimediabili con un’assistenza psicologica non più difficile di quella da seguire per chi si sottopone ai virtuosismi della pma. Vittorio Mathieu
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