Giovanni Paolo II, beato Mondo arabo in rivolta ... - Aracne editrice
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spadaro poesia5.qxp 05/04/2011 15.41 Pag<strong>in</strong>a 267<br />
sempre sotto pseudonimo. La Polonia è così <strong>in</strong>vocata:<br />
«O terra che non cessi di essere un atomo del nostro<br />
tempo!». Gli eventi storici sono la «liturgia degli<br />
eventi» che si celebra nella grande «Eucaristia dei<br />
mondi». L’ultima composizione di Wojtyla pubblicata<br />
prima della sua elezione al soglio di Pietro è<br />
Meditazione sulla morte, composta nel 1975. Qui la<br />
sua riflessione è come un flusso di coscienza, che<br />
va per barlumi e <strong>in</strong>tuizioni. Alla Meditazione sulla<br />
morte segue nel 1978 la composizione di La redenzione<br />
cerca la tua forma per entrare nell’<strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e<br />
di ogni uomo, che fu pubblicata sotto pseudonimo<br />
quando il poeta era già stato eletto Pontefice.<br />
Come il poema Profili di Cireneo si ispirava alla figura<br />
di Simone di Cirene, così quest’opera si concentra<br />
sulla Veronica, che nel camm<strong>in</strong>o della croce<br />
asciugò il volto di Cristo. L’uomo <strong>in</strong> questi versi è<br />
forma <strong>in</strong>quieta che nessuno sguardo è <strong>in</strong> grado di<br />
raggiungere f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo, ma il volto di Cristo impresso<br />
nel velo di Veronica attraversa colui che lo<br />
contempla, dando pace alla sua <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e.<br />
Il «Trittico romano»<br />
Dal 1978, data della composizione di Stanislao e dell’elezione<br />
al pontificato, Wojtyla abbandona l’esplicita<br />
pratica poetica per riprenderla ben ventic<strong>in</strong>que anni<br />
dopo con la composizione di Trittico romano. Esso si<br />
compone di tre grandi quadri: «Torrente», «Meditazioni<br />
sulla “Genesi”. Dalla soglia della Cappella Sist<strong>in</strong>a»,<br />
e «Colle nel paese di Moria». La prima tavola si<br />
apre con l’esperienza della creazione, della sua bellezza<br />
e della sua forza. Da qui si apre un pellegr<strong>in</strong>aggio<br />
controcorrente che ha la sua prima tappa nella seconda<br />
tavola del Trittico. Il milieu cosmico si allarga all’<br />
<strong>in</strong>effabile spazio che avvolge tutto.<br />
È il Creatore:<br />
Avvolge ogni cosa, traendo l’esistenza dal nulla,<br />
e non soltanto <strong>in</strong> pr<strong>in</strong>cipio, ma di cont<strong>in</strong>uo.<br />
Il poeta è all’<strong>in</strong>gresso della Cappella Sist<strong>in</strong>a, e la visione<br />
è quella del Giudizio. Rapito dall’affresco,<br />
Wojtyla, come <strong>in</strong> un gioco di specchi, <strong>in</strong>tuisce che il<br />
testo biblico genera una visione, la quale resta come<br />
<strong>in</strong> attesa che qualcuno la colga e la rappresenti artisticamente.<br />
Il racconto biblico «aspettava il frutto della<br />
“visione”», anzi esso era atteso s<strong>in</strong> da «quando il Verbo<br />
si fece carne». Ogni uomo è chiamato a «riacquistare<br />
questa visione di nuovo». Scriveva acutamente<br />
l’allora card. Ratz<strong>in</strong>ger nel suo commento al Trittico:<br />
«Il camm<strong>in</strong>o che conduce alla sorgente è un camm<strong>in</strong>o<br />
per diventare vedenti: per imparare da Dio a vedere.<br />
Allora appaiono il pr<strong>in</strong>cipio e la f<strong>in</strong>e». Le architetture<br />
metaforiche della poesia di Wojtyla non sono af-<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>II</strong>, <strong>beato</strong><br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>II</strong> sulla porta della Casa<br />
degli schiavi, nell’isola di Gorée, il 22 febbraio<br />
1992.<br />
fatto «leggere». Esse si <strong>in</strong>trecciano a domande <strong>in</strong>quiete<br />
e risposte di grande <strong>in</strong>tensità spirituale che fanno<br />
appello a energie e meditazioni profonde. Per sensibilità,<br />
si <strong>in</strong>seriscono nell’alveo della cosiddetta<br />
«poesia metafisica» (da Dante a John Donne, a T.S.<br />
Eliot), caratterizzata da un’immag<strong>in</strong>azione metaforica<br />
secondo cui le verità astratte si rappresentano <strong>in</strong><br />
forma di immag<strong>in</strong>i sensibili. Conferma questa natura<br />
«metafisica» la capacità che Wojtyla ha di cogliere e<br />
creare una serie di relazioni tra elementi concreti (la<br />
Polonia, la cava di pietre…), personaggi (Simone di<br />
Cirene, Giacobbe, Veronica, Abramo…) e idee, deducendo<br />
metafore da altre metafore. Dalle poesie giovanili,<br />
che seguivano una struttura formale precisa, l’ispirazione<br />
di Wojtyla si è mossa verso composizioni<br />
che seguono il ritmo del pensiero, che si restr<strong>in</strong>gono<br />
f<strong>in</strong>o all’ermetismo e che si allargano f<strong>in</strong>o alla meditazione<br />
<strong>in</strong> prosa. Tra pensiero e visione non sembrano<br />
esserci cesure: il suo è veramente «pensiero poetante»,<br />
per citare Eliot, nel senso che tratta concetti filosofici<br />
e teologici, certo, ma non come materia di discussione,<br />
ma come materia di visione.<br />
Antonio Spadaro<br />
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