Giovanni Paolo II, beato Mondo arabo in rivolta ... - Aracne editrice
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Land<strong>in</strong>i-riviste.qxp 06/04/2011 11.16 Pag<strong>in</strong>a 324<br />
324<br />
RIVISTE & RIVISTE<br />
Casabella & chiese brutte<br />
Casabella, mensile edito da<br />
Mondadori e diretto da Francesco<br />
Dal Co, è una delle maggiori<br />
riviste di architettura a livello europeo,<br />
non solo italiano. Vede la<br />
luce nel 1928 a Milano, per mano<br />
di Giuseppe Pagano. Il formato è<br />
fra i più s<strong>in</strong>golari, sarà forse per<br />
questo che la rivista non è troppo<br />
amata dagli edicolanti (ma quando<br />
mai si è veduto un edicolante<br />
<strong>in</strong>tendersi di arte? Casabella è <strong>in</strong><br />
sé, per come essa si presenta,<br />
un’opera d’arte). Ogni numero<br />
offre una monografia su uno o<br />
più architetti della storia passata<br />
e presente; ciò spiegherebbe il<br />
grande <strong>in</strong>teresse fra gli studenti<br />
di architettura e <strong>in</strong>gegneria. Il suo<br />
unico difetto? Quello di non far<br />
capire con sufficiente chiarezza<br />
dove f<strong>in</strong>isce un articolo redazionale<br />
e dove ha <strong>in</strong>izio, <strong>in</strong>vece,<br />
l’<strong>in</strong>serzione pagata (proprio la famigerata<br />
commistione di <strong>in</strong>formazione<br />
e di pubblicità, spesso<br />
occulta, è il maggior neo di tutte<br />
le riviste che, da noi, <strong>in</strong> Italia, si<br />
occupano di arte e di cultura).<br />
Dal 1955 al 1964 la direzione di<br />
Casabella era affidata a Ernesto<br />
Nathan Rogers, dal 1970 al 1976<br />
ad Alessandro Mend<strong>in</strong>i, dal 1977<br />
al 1981 a Tomás Maldonado, dal<br />
1981 al 1996 a Vittorio Gregotti.<br />
F<strong>in</strong>almente, nel marzo di quell’anno,<br />
la direzione di Casabella<br />
fu assunta da Francesco Dal Co,<br />
che tuttora ne regge le sorti <strong>in</strong><br />
mezzo alla burrasca (della crisi<br />
economica, del calo di lettori,<br />
che non risparmia nessuno, nemmeno<br />
le pubblicazioni più titolate,<br />
dall’aumento delle tariffe postali,<br />
dalla situazione politica <strong>in</strong>garbugliata).<br />
Emilio Tad<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> un<br />
<strong>in</strong>tervento pubblicato dal Corrie-<br />
re della sera il 19 febbraio 1996,<br />
prese le difese di Gregotti, andato<br />
via senza nemmeno una riga di<br />
addio, senza neppure il saluto di<br />
prassi e senza, come scriveva Tad<strong>in</strong>i,<br />
la consueta «mozione degli<br />
affetti». Nessuno che sia sano di<br />
mente potrebbe def<strong>in</strong>ire quella di<br />
Gregotti, <strong>in</strong>tellettuale impegnato<br />
a tutto tondo, una direzione super<br />
partes, ideologicamente neutra e<br />
slavata. Al contrario, essa si era<br />
svolta sempre (per riprendere<br />
l’occhiello dell’articolo firmato<br />
da Tad<strong>in</strong>i) «al canto dell’Internazionale».<br />
Più distaccato, più professorale<br />
Francesco Dal Co, docente<br />
di Storia dell’architettura<br />
allo Iuav di Venezia, già direttore<br />
della Biennale di Venezia dal<br />
1988 al 1991, autore di importanti<br />
monografie su autori come Meyer,<br />
Scarpa, Botta e Ando. Tre<br />
anni orsono, nel 2008, per la celebrazione<br />
dell’ottantesimo della<br />
rivista, un’età ragguardevole <strong>in</strong>vero,<br />
quasi un anno di articoli<br />
(dal numero 766 al numero 770)<br />
fu speso, per <strong>in</strong>iziativa di Dal Co,<br />
all’<strong>in</strong>segna della pedagogia: «Insegnare<br />
l’architettura, si può ancora?».<br />
Risposero anche i morti,<br />
Le Corbusier e Mies van der Rohe<br />
(i testi di entrambi, dal contenuto<br />
attualissimo, risalivano al<br />
1938). Ironico il primo, che <strong>in</strong>vitava<br />
ad aprire gli occhi sulla realtà<br />
con un quasi stupore dello<br />
sguardo (Se dovessi <strong>in</strong>segnarvi<br />
l’architettura, <strong>in</strong> «Casabella»<br />
766, maggio 2008), più acido il<br />
secondo che, mentre tesseva le<br />
lodi del legno e del mattone, <strong>in</strong>tanto<br />
costruiva grattacieli di vetro<br />
e acciaio (Sull’<strong>in</strong>segnamento<br />
dell’architettura, <strong>in</strong> «Casabella»<br />
767, giugno 2008).<br />
Piccola fiera<br />
degli orrori<br />
Voltiamo pag<strong>in</strong>a. Dal 21 marzo al<br />
3 aprile (due settimane? Ma da<br />
quando <strong>in</strong> qua si è vista una mostra,<br />
per giunta importante, aprire<br />
i battenti per quattordici giorni<br />
quattordici?) il Casabella Laboratorio<br />
di Milano, <strong>in</strong> via Marco<br />
Polo 13, ha ospitato la mostra<br />
Quattro chiese italiane, dedicata<br />
agli spazi liturgici contemporanei.<br />
Quattro i complessi oggetto<br />
della rassegna: quello di San<br />
<strong>Giovanni</strong> a Ponte d’Oddi, Perugia,<br />
di <strong>Paolo</strong> Zermani, un progetto<br />
orribile che ricorda il cubo milanese<br />
di Aldo Rossi, solo <strong>in</strong> versione<br />
abitabile; il complesso parrocchiale<br />
di San Pio da Pietrelc<strong>in</strong>a<br />
a Malafede (un ossimoro che<br />
fa al caso nostro), zona romana<br />
dell’Ostiense, progetto curato<br />
dallo studio Anselmi & Associati,<br />
una chiesa disegnata da un rettangolo<br />
di proporzioni 2:1 e l’altare<br />
addossato al lato lungo del<br />
rettangolo, la facciata scandita da<br />
tre curve asimmetriche; la chiesa<br />
di San Carlo Borromeo a Tor Pagnotta,<br />
una sorprendente scatola<br />
per scarpe che una mano birich<strong>in</strong>a<br />
ha sezionato e ricomposto a<br />
casaccio; e la chiesa di Gesù Redentore<br />
a Modena, firmata dal<br />
milanese Mauro Galant<strong>in</strong>o, brutta<br />
fuori ma passabile dentro, con<br />
l’assemblea divisa <strong>in</strong> due a guardarsi<br />
<strong>in</strong> faccia, come <strong>in</strong> taluni<br />
talk-show televisivi <strong>in</strong> cui la rissa<br />
(ma non qui, si spera) è all’ord<strong>in</strong>e<br />
del giorno. Che dire?<br />
Siamo d’accordo, si parva licet,<br />
con quanto dichiarato dal card<strong>in</strong>ale<br />
Gianfranco Ravasi solo po-