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Giovanni Paolo II, beato Mondo arabo in rivolta ... - Aracne editrice

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Tabet.qxp 05/04/2011 12.06 Pag<strong>in</strong>a 246<br />

246<br />

spressione «Parola di Dio» si riferisce a diverse realtà<br />

che si trovano <strong>in</strong> perfetta armonia e appaiono articolate<br />

come <strong>in</strong> una scala discendente.<br />

Essa si riferisce <strong>in</strong>nanzitutto al Figlio Unigenito di<br />

Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli, Verbo (Parola)<br />

del Padre fatto carne (cfr Gv 1, 14). La Parola<br />

div<strong>in</strong>a si trova poi presente nella creazione dell’universo,<br />

«opera delle sue mani», che proclama a viva<br />

voce l’esistenza di quel Dio che lo creò – «i cieli<br />

narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia<br />

il firmamento» (Sal 19, 2) –, e <strong>in</strong> modo particolare<br />

nella creazione dell’uomo, fatto a immag<strong>in</strong>e<br />

e somiglianza di Dio (Gn 1, 26-27). Rivelata e attuata<br />

successivamente lungo la storia della salvezza,<br />

la Parola di Dio è attestata per iscritto nell’Antico e<br />

nel Nuovo Testamento, che la contengono <strong>in</strong> modo<br />

del tutto s<strong>in</strong>golare per il fatto dell’«ispirazione div<strong>in</strong>a».<br />

Sotto la guida dello Spirito (cfr Gv 14, 26; 16,<br />

12-15), la Chiesa, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, la custodisce e la conserva<br />

nella sua Tradizione viva (cfr n. 10), offrendola all’umanità<br />

attraverso la predicazione, i sacramenti e<br />

la testimonianza di vita, anch’essi espressioni della<br />

Parola di Dio 7 . Si comprende perciò che, per una sua<br />

corretta comprensione, è necessario cogliere i diversi<br />

significati dell’espressione «Parola di Dio» congiungendoli<br />

<strong>in</strong> perfetta armonia. In questo contesto<br />

si colloca la fondamentale e <strong>in</strong>separabile relazione<br />

tra Tradizione e Scrittura, e si comprende che il cristianesimo,<br />

nonostante abbia <strong>in</strong> massima considerazione<br />

la Scrittura, non si può ritenere una «religione<br />

del Libro»: esso, <strong>in</strong>fatti, «è la “religione della Parola<br />

di Dio”, non di “una parola scritta e muta, ma del<br />

Verbo <strong>in</strong>carnato e vivente”. Pertanto la Scrittura va<br />

proclamata, ascoltata, letta, accolta e vissuta come<br />

Parola di Dio, nel solco della Tradizione apostolica<br />

dalla quale è <strong>in</strong>separabile» (n. 7). Il documento segnala<br />

<strong>in</strong> conseguenza la necessità che «il Popolo di<br />

Dio sia educato e formato <strong>in</strong> modo chiaro ad accostarsi<br />

alle sacre Scritture <strong>in</strong> relazione alla viva Tradizione<br />

della Chiesa, riconoscendo <strong>in</strong> esse la Parola<br />

stessa di Dio» (n. 18).<br />

Illustrata <strong>in</strong> questo modo l’<strong>in</strong>iziativa del «Dio vivente»<br />

(Mt 16, 16) che si rivolge all’uomo per manifestargli<br />

il mistero che la Parola <strong>in</strong>staura, il documento<br />

ricorda che la creatura umana, resa <strong>in</strong>telligente <strong>in</strong><br />

quanto creata «a sua immag<strong>in</strong>e» (Gn 1, 27), non ha<br />

un ruolo di spettatrice passiva, ma le è richiesto l’ascolto<br />

<strong>in</strong>telligente e attivo della Parola (nn. 22-28). Il<br />

prototipo di questo atteggiamento è Abramo, la cui<br />

fede gli consentì di accogliere la Parola di Dio con libertà,<br />

ricevendo il premio che Dio è sempre disposto<br />

a donare oltre ogni speranza (cfr Gn 22, 16-18). Ci<br />

troviamo davanti alla d<strong>in</strong>amica della fede. Per mezzo<br />

della fede e grazie alla condiscendenza div<strong>in</strong>a,<br />

Dio «ci rende veramente suoi “partner”, così da realizzare<br />

il mistero nuziale dell’amore tra Cristo e la<br />

Chiesa [...]. Ciascuno di noi è reso così da Dio capace<br />

di ascoltare e rispondere alla div<strong>in</strong>a Parola» (n.<br />

22). Con rapida s<strong>in</strong>tesi, Benedetto XVI segnala che<br />

tutta la nostra vita esiste e ha senso solo nella corrispondenza<br />

alla Parola di Dio, che ci fa essere e ci rivela<br />

la verità su noi stessi mettendoci <strong>in</strong> condizione<br />

di dialogare con Lui f<strong>in</strong>o a giungere a identificarci<br />

con la sua Parola def<strong>in</strong>itiva e piena, che è Cristo:<br />

«L’uomo è creato nella Parola e vive <strong>in</strong> essa; egli non<br />

può capire sé stesso se non si apre a questo dialogo.<br />

La Parola di Dio rivela la natura filiale e relazionale<br />

della nostra vita. Siamo davvero chiamati per grazia<br />

a conformarci a Cristo, il Figlio del Padre, ed essere<br />

trasformati <strong>in</strong> Lui» (ibidem).<br />

L’<strong>in</strong>terpretazione<br />

della Scrittura<br />

Fissando lo sguardo su quella Parola di Dio che è la<br />

sacra Scrittura, nell’ultima sezione della prima parte<br />

(nn. 29-49) il documento si sofferma sulla sua<br />

giusta <strong>in</strong>terpretazione, sul modo cioè <strong>in</strong> cui il cristiano<br />

deve avvic<strong>in</strong>arsi al testo sacro <strong>in</strong> quanto Parola<br />

di Dio donata alla sua Chiesa. L’importanza riservata<br />

a questa tematica è messa <strong>in</strong> rilievo, già a un<br />

primo sguardo, dal fatto che la sezione a essa dedicata<br />

è la più lunga seguìta solo da vic<strong>in</strong>o dalla Liturgia,<br />

luogo privilegiato della parola di Dio (nn.<br />

52-71). La sezione è divisa <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong> 17 sottotitoli,<br />

armonicamente collegati. La considerazione che illum<strong>in</strong>a<br />

l’<strong>in</strong>sieme è che «la Chiesa [è il] luogo orig<strong>in</strong>ario<br />

dell’ermeneutica della Bibbia» (nn. 29-30),<br />

e ciò proprio per il legame <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seco esistente tra<br />

«[Parola e] fede ecclesiale, che ha nel sì di Maria il<br />

suo paradigma», affermazione, quest’ultima, splendidamente<br />

approfondita nei numeri immediatamente<br />

precedenti (nn. 27-28). Riflettendo sull’odierna<br />

ermeneutica biblica, il Pontefice nota l’esistenza di<br />

un grave divario fra fede e ragione, studio razionale<br />

e prospettiva sapienziale, esegesi accademica e<br />

approfondimento teologico dei testi biblici, con le<br />

pesanti ripercussioni che tali contrasti comportano<br />

nella formazione <strong>in</strong>tellettuale e spirituale dei credenti<br />

e, di conseguenza, nell’azione pastorale di tutta<br />

la comunità ecclesiale. Il documento esorta perciò<br />

a evitare il pericolo del dualismo e di un’ermeneutica<br />

biblica secolarizzata, che f<strong>in</strong>iscono per perdere<br />

il significato della Scrittura. Fede e ragione, <strong>in</strong>fatti,<br />

procedendo l’una e l’altra dallo stesso Dio, si<br />

richiedono mutuamente, dovendo dialogare <strong>in</strong> perfetta<br />

armonia secondo i sapienziali motti patristicomedievali<br />

fides quaerens <strong>in</strong>tellectum (la fede cerca<br />

la comprensione <strong>in</strong>tellettuale della verità) e <strong>in</strong>tellectus<br />

quaerens fidem (la ragione trova nella fede la<br />

comprensione ultima della realtà). È necessario,<br />

qu<strong>in</strong>di, unire armonicamente lo studio razionale dei<br />

testi biblici alla lettura nello Spirito, l’analisi storico-critica<br />

alla lettura attuata nell’«unità della Bibbia,<br />

la Tradizione viva della Chiesa e l’analogia del-

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