Gaio Valerio Catullo &“Lesbia” - Taranto in cartolina

XI. CHE SE NE VADA CON CHI VUOLE! CON ME HA CHIUSO!
… Viva e se la spassi con i suoi amichetti,
che in trecento tiene contemporaneamente abbracciati,
non amandone nessuno davvero, ma allo stesso modo
rompendo le reni di tutti;
e non aspetti, come prima, il mio amore,
che per colpa sua è caduto come
fiore al margine di un prato, dopo che
è toccato da un aratro che passa.
… Cum suis vivat vale atque moechis,
quos simul complexa tenet trecentos,
nullum amans vere, sed identidem omnium
ilia rumpens;
nec meum respectet, ut ante, amorem,
qui illius culpa cecidit velut prati
ultimi flos, praetereunte postquam
tactus aratro est.
LVIII. Cruda esplosione di compianto per la lasciva meretrice
Celio 44 , la nostra Lesbia 45 , la bella Lesbia,
Lesbia la bella, che lei sola, Catullo,
più che se stesso e tutti i suoi, amò,
ora negli incroci e nei vicoli
spreme i nipoti del magnanimo Remo.
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ad Marcum Caelium Rufum 46
Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa,
illa Lesbia, quam Catullus unam Etère, conviti e gozzovigli - Pompei - Casa dei Casti amanti
plus quam se atque suos amavit omnes,
nunc in quadriviis et angiportis
glubit magnanimi Remi nepotes.
LXXXIII. Un chiodo fisso, che perfora il cervello …
Lesbia, davanti al marito parla molto male di me:
e questa per quello sciocco è la massima gioia.
Mulo, non capisci nulla? Se dimentica di me tacesse,
sarebbe guarita: ora, poiché sbraita e mi insulta,
non solo ricorda, ma, cosa ben più grave,
è furente. Cioè, brucia d’amore e parla. 47
Lesbia mi praesente uiro male plurima dicit:
haec illi fatuo maxima laetitia est.
Mule, nihil sentis? si nostri oblita taceret,
sana esset: nunc quod gannit et obloquitur,
non solum meminit, sed, quae multo acrior est res,
irata est. hoc est, uritur et loquitur.
L’infedeltà di una donna ha consumato anime e
corpi d’ogni tempo, e … continua a farlo!
Lo so. Non giurare, depravata.
Ti accusano le trecce ancora umide di unguento profumato,
gli occhi ti accusano, pesanti per l’insonnia,
e il nastro della corona intorno ai tuoi capelli.
Guarda i ricci disfatti, garbuglio d’indecenza,
e come barcolli tutta per il vino.
Va’ via sgualdrina. Ti chiamano l’arpa,
amica delle orge, e i crepitanti colpi delle nacchere.
Meleagro, ” 130 - 60 a.C. “ Antologia Palatina”.
44 Si tratta forse di Celio Rufo, amante di Lesbia dal 59 al 57, portato in tribunale da costei (su istigazione del fratello, per colpire
indirettamente il suo avversario politico Pompeo, amico dello scapestrato Celio) con l’accusa di veneficio. Sembra che un tempo
Catullo gli fosse stato amico. Poi la relazione passionale di Rufo con la sua Lesbia aveva causato la rottura del loro rapporto di
amicizia. Una indicazione in tal senso ci viene dal Carme 77: “Rufo, che senza frutto e invano ho creduto un amico/(senza
frutto?Anzi con grave perdita e danno), così ti/ sei insinuato in me, e bruciando il mio cuore, oh a me/ infelice hai sottratto tutto il
mio bene?Lo hai sottratto,/ahimè, crudele veleno della nostra vita, ahimè rovina/della nostra amicizia.” Anche il Carme100
attesterebbe tale sodalizio. Cfr.: http://www2.classics.unibo.it/Didattica/Programs/20062007/Pasetti/CatulloEpigrammi.pdf.
45 Lesbia è esplicitamente menzionata da Catullo nei carmi 5, 7, 43, 51, 58, 72, 75, 79, 83, 86, 87, 92, 107. Per contro, risulta
indirettamente menzionata nei carmi 2, 3, 8, 11, 13, 36, 37, 68, 70, 76, 77, 85, 100, 104, 109.
46 “A Marco Celio Rufo”, coetaneo di Catullo. Vedi nota 38.
47 Qui è evidente che la relazione fra i due fosse già in fieri quando il marito di Lesbia era ancora in vita.