Gaio Valerio Catullo &“Lesbia” - Taranto in cartolina

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P r e s e n t a z i o n e Clodia Metelli e Gaio Valerio Catullo furono innegabilmente assertori convinti della religione dei sensi e della energia libidica da essi scaturente. Lei, profetessa delle pulsioni della carne e del sangue, unanimemente riconosciuta tale dai giovanotti bene, dai politici e dagli intellettuali di Roma del primo secolo avanti Cristo. Lui, apostolo forse più illuminato, dato che considerò l’altro sesso e gli efebi di cui s’invaghì non solo come punti di riferimento esistenziali confluenti nella filosofia dei “basia mille” - il contatto fisico - ma anche e soprattutto come moventi primari dell’ “odi et amo” - i moti dell’anima. Raccontare di Valerio e Clodia, quando di Valerio e Clodia è stato detto tutto con gli imponenti contributi letterari di autorevoli umanisti ed esegeti d’ogni tempo, è impresa alquanto ardua. Se poi a farlo è un non addetto ai lavori, allora il cimento si rivela pressoché proibitivo. I rischi, infatti, d’incorrere nel banale e nel trito e ritrito si fanno altamente probabili. Il tentativo, in ogni caso, è stato effettuato. Complice la passione congenita e incontenibile per la Letteratura Latina e la Storia di Roma antica, ben consapevole d’essere un artigiano lontano anni luce dall’intellighenzia specialistica che ha trattato del poeta veronese e delle sue vicende affettive. In itinere il lettore comune troverà notizie dal taglio sostanzialmente snello sulla quotidianità del mondo latino del I sec. a.C. e del I sec. A.D. (quest’ultimo ancora nitido riflesso dell’era di Catullo) che trova agevole collocazione nel tessuto narrativo dell’irregolare love affair. Un nutrito numero di immagini artistiche corroborano l’informazione, con l’intento di fornire una concreta visione d’insieme del contesto sociale, politico, economico e culturale in cui Gaio Valerio si trovò a vivere e ad operare. Non mancano, tuttavia, stravaganze fatte in tutta scienza e coscienza, come l’avere reso in vernacolo tarantino e in inglese arcaico i celebri carmi V e LXXXV. Nella seconda parte del lavoro, il cultore della lettura avrà modo invece di scoprire un Catullo di rado trattato nei testi di letteratura. Al di là di Clodia-Lesbia potrà cogliere, qualora lo desideri, un versificatore che collauda con successo qualcosa mai prima d’allora sperimentato nella poesia latina d’alto profilo, per quanto mi risulta. Con impareggiabile bravura egli riesce ad innestare il sermo lubrico di stampo fescennino e della parlata popolare del suo tempo in versi colti e raffinati, elevandolo a poetico turpiloquio, per raccontare in tutta libertà e con realistica singolarità l’umanità che gli fu compagna di percorso esistenziale. Che cosa mi ha indotto a fare tutto questo?! Di certo il volermi mettere continuamente in discussione, il piacere dell’indagine scrupolosa e della scoperta del dato, la presunzione di potere essere utile in qualche modo al benessere intellettivo del prossimo e dei giovani in particolare. Perché la memoria antica della nostra nazione, come la fiamma della madre patria nel braciere dell’oikistes deve essere mantenuta accesa ad ogni costo, giacché oggi più che mai, essa può insegnare ancora tantissimo. Aggiungerei, infine, il sentito bisogno di contribuire, sia pure in percentuale infinitesimale, alla rinascita di una società avvilita dal genocidio della cultura attuato da un consumismo sempre più arrogante ed ottuso, dall'insopportabile forza mediatica dello share - micidiale dispensatore di omissioni culturali e d’ignoranza gratuita - dalle metastasi invasive di una pubblicità spudoratamente disinibita e menzognera, che impone sull’essere e sulla dignità dell’individuo il primato dell’avere e dell’apparire. L’autore
2 Gaio Valerio Catullo &“Lesbia” Tsunami di passione ... venti secoli fa! a cura di Enrico Vetrò “ …Lesbia! Appena ti vedo, non mi riesce più di parlare: la lingua si fa torpida, un fuoco sottile mi corre sotto la pelle, rimbomba no le orecchie per un suono interno, e su entrambi gli occhi si fa buio …” Carmina – LI, 6-12 “ ma innanzi a tutti lei, che mi è più cara di me stesso, lei, la luce mia, finché ella vive, il vivere per me è dolce.” Carmina – LXVIII, 159-160. "Odi et amo " clicca e ascolta. Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio, et excrucior. Carmina - LXXXV “Odio e amo. Magari vuoi sapere perché faccia così. Non lo so, ma mi succede, lo sento, e per me è il supplizio della croce.”
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