Gaio Valerio Catullo &“Lesbia” - Taranto in cartolina
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Forse <strong>Catullo</strong> des<strong>in</strong>ava così …<br />
“I Romani mangiavano seduti su uno sgabello, di rado, a tavola, quasi sempre <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a accanto al fuoco se faceva freddo. Con<br />
il passare del tempo e con il miglioramento delle condizioni economiche, i Romani più abbienti dest<strong>in</strong>arono una stanza al pasto<br />
(tabl<strong>in</strong>um). Soltanto dal II secolo a.C. essi <strong>in</strong>iziarono a mangiare sdraiati sul tricl<strong>in</strong>ium” 97<br />
Di buon’ora, appena sveglio e senza neanche lavarsi le mani, il Romano consuma uno dei due pasti della giornata,<br />
una colazione sostanziosa a base di pane e formaggio, frutta e carne. Si tratta spesso degli avanzi della cena del<br />
giorno prima, che gli <strong>in</strong>vitati ad un banchetto possono portarsi a casa <strong>in</strong> un cest<strong>in</strong>o. Sbrigati i primi affari, si<br />
dedica al prandium, lo spunt<strong>in</strong>o della tarda matt<strong>in</strong>ata, sobrio e veloce. L’evento cul<strong>in</strong>ario della giornata si svolge<br />
<strong>in</strong>vece al pomeriggio, quando il Romano abbiente, dopo il consueto bagno alle terme, e qu<strong>in</strong>di verso le tre o le<br />
quattro del pomeriggio, si siede comodamente a tavola f<strong>in</strong>o al calare del sole. Qui le portate sono numerose, f<strong>in</strong>o<br />
a sei, ognuna con una serie svariata di piatti. Nella cena normale dopo l’antipasto - gustatio - seguono le portate<br />
pr<strong>in</strong>cipali di carne e pesce e si chiude con le secundae mensae, cioè i dessert. La serata cont<strong>in</strong>ua con il simposio,<br />
<strong>in</strong> cui alla mescita di v<strong>in</strong>o - sempre annacquato - si accompagna ancora qualche cibo, come i porri, che stimolano<br />
la voglia di bere. Una serie di norme di buona educazione e di etichetta regola la cena, anche rispetto alla<br />
disposizione dei posti a tavola. Nel tricl<strong>in</strong>io (sala da pranzo), <strong>in</strong>fatti, il padrone di casa fa disporre i letti tricl<strong>in</strong>iari,<br />
su cui i convitati si distendono a due o tre, sostenendosi con il braccio s<strong>in</strong>istro piegato. In tal modo la mano<br />
destra è libera di afferrare i cibi dai bassi tavol<strong>in</strong>i accuratamente imbanditi davanti agli ospiti.<br />
Il posto d’onore, detto “consolare”, è all’estrema destra del letto centrale, ed è così chiamato dal fatto che un<br />
messaggero, entrando dalla porta postagli di fronte, può facilmente trasmettere al convitato ivi disteso una<br />
comunicazione importante e urgente. Il padrone di casa si dispone subito a s<strong>in</strong>istra dell’ospite d’onore.<br />
Nelle case più ricche le sale da pranzo sono più d’una, e vengono occupate secondo la stagione dell’anno e<br />
l’orientamento : i tricl<strong>in</strong>i estivi, spesso sem<strong>in</strong>terrati e contenenti fontanelle e giochi d’acqua, sono orientati a<br />
nord, mentre quelli <strong>in</strong>vernali prospettano a ovest, fatto che permette di cogliere gli ultimi raggi di sole della<br />
giornata. L’alimentazione romana di epoca arcaica e repubblicana è sobria, a base di legumi, cereali, formaggio e<br />
frutta ; con la conquista dell’Oriente, <strong>in</strong>vece, almeno sulle mense ricche, arrivano nuovi <strong>in</strong>gredienti da tutte le<br />
prov<strong>in</strong>ce.Accanto al pane quotidiano, alla puls (sorta di polenta condita), alle grandi quantità di lup<strong>in</strong>i, lenticchie,<br />
ceci e soprattutto fave, oltre a lattughe, cavoli e porri, fichi, mele e pere, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciano ad essere consumati anche<br />
cibi di lontana provenienza, come le ciliege, importate per la prima volta dall’Oriente da Lucullo.<br />
Il Romano povero, ovviamente, non ha accesso ai cibi importati e costosi e <strong>in</strong> casa non ha neanche il tricl<strong>in</strong>io. Egli<br />
cont<strong>in</strong>ua la tradizione antica di pasti frugali ed economici. Il Romano ricco, <strong>in</strong>vece, come ci tramandano<br />
abbondantemente le fonti, offre frequentemente banchetti, cui partecipano dec<strong>in</strong>e di amici e clienti. Qui i cibi<br />
sono vari, cuc<strong>in</strong>ati con cura ed anche molto elaborati, almeno stando alle ricette del cuoco Apicio, giunte f<strong>in</strong>o a<br />
noi. Sono molto apprezzate le uova di anitra, piccione e pernice e molto consumato è il pesce, fresco o <strong>in</strong><br />
salamoia. Simile ad alcune salse orientali moderne a base di pesce salato e fermentato (come il Nuoc Nam<br />
<strong>in</strong>doc<strong>in</strong>ese), è il garum, una delle salse più note dell’antichità, di cui esistono diverse varietà. Ancora più diffuso,<br />
però, è sicuramente l’olio d’oliva, importato soprattutto dalla Baetica (odierna Andalusia) e dall’Africa<br />
settentrionale, le cui anfore da trasporto hanno formato <strong>in</strong> Roma, <strong>in</strong> circa tre secoli, una vera e propria coll<strong>in</strong>etta<br />
artificiale : il monte Testaccio (detto “Monte dei cocci”). Si mangia raramente carne bov<strong>in</strong>a, più spesso carne<br />
ov<strong>in</strong>a e capr<strong>in</strong>a, e comune è il maiale, del quale si è imparato a sfruttare ogni parte. Il consumo di <strong>in</strong>saccati è<br />
enorme e apprezzata la carne di volatili - da cortile e da voliera - prodotta <strong>in</strong>tensivamente nelle ville rustiche o<br />
cacciata, <strong>in</strong>sieme a selvagg<strong>in</strong>a più grande, come c<strong>in</strong>ghiali, da<strong>in</strong>i, cervi e caprioli. Una delle caratteristiche<br />
fondamentali della cuc<strong>in</strong>a romana è l’accostamento di gusti opposti, del piccante con il dolce, del dolce con<br />
l’aromatico. Oggi non troveremmo poi così gradevoli gran parte delle ricette che ci sono pervenute, ad esempio le<br />
pere lesse con miele, passito, salsa di pesce, olio e uova, e forse neanche le pietanze a base di gru, fenicotteri,<br />
pappagalli e pavoni che ornavano certe tavole molto raff<strong>in</strong>ate.<br />
Fruttiera di vetro e vasi ricolmi di prodotti della terra<br />
Casa di Julia Felix – Pompei – 63/79 A.D.<br />
“ientaculum” (colazione) “prandium”<br />
(pranzo) “coena” (cena) “mappa”<br />
(tovagliolo) “tricl<strong>in</strong>ium” (sala da<br />
pranzo) “lectus tricl<strong>in</strong>aris” (panca coperta da<br />
materasso o cusc<strong>in</strong>i) “gustus” (antipasto) “<br />
primae mensae” “secundae mensae”<br />
(primo e secondo piatto)<br />
97 Da: “Cuc<strong>in</strong>a dell’antica Roma”, <strong>in</strong>: http://cuc<strong>in</strong>astorica.blogspot.com/2007/11/cuc<strong>in</strong>a-dellantica-roma.html. L’articolo a due colonne è di Simona<br />
Moretta, <strong>in</strong>: http://www.activitaly.it/subura/romaoggi/cuc<strong>in</strong>aromana/antichi_romani_cibo.htm.