Gaio Valerio Catullo &“Lesbia” - Taranto in cartolina

39
Aditu prohiberis !
Subsiste meditareque!65
Oltre questo muro troverai un Catullo che non t’aspetti. Non più cantore dell’“odi et amo” e dei “basia
mille”, delle autentiche emozioni passionali, dell’amore struggente, un miraggio, quest’ultimo, rincorso
ostinatamente sino alla dissoluzione, sotto il sole dei tradimenti perpetrati da una dark lady venerata senza
riserve. Qui, per contro, scoprirai un personaggio che con i suoi “versiculi molliculi” reclama il diritto di
scendere dal piedistallo mielato sul quale addetti ai lavori di tutti i tempi hanno inteso porlo. Dando per
scontata la buona fede dell’atteggiamento di pudicizia più o meno convinta di tantissimi esegeti, della
severità censoria imposta loro da regimi ed intellettuali benpensanti, la comprensibile impossibilità da parte
della editoria scolastica di pubblicare certi contenuti del Liber, è comunque innegabile che a generazioni di
lettori comuni e appassionati di letteratura latina sia stata il più delle volte impedita, o quanto meno poco
propagandata, la scalata di un versante estremamente interessante di quella montagna quale è la variegata e
complessa poetica di Catullo. La conseguenza di tutto ciò ha portato ad una visione ingiustamente mutila
della personalità di chi deve la sua fama al love affair con Lesbia/Clodia. Se per contro si arriva in vetta dal
declivio ai più sconosciuto, ci si rende immediatamente conto di come - al di là del fulgido stereotipo amoroso
laccato di mito - Catullo sia un lirico di prim’ordine anche quando con il vigore delle sue sferzanti salacità
intende presentarci uno spaccato delle fragilità e manchevolezze di tant’altra parte di umanità del suo
tempo. Di qui il brillante utilizzo di registri comunicativi della lingua parlata, diminutivi inclusi, che
pennellano quel vissuto con tinte assolutamente realistiche. Allora come non sentirlo uno di noi?! Si ha la
sensazione che a tratti egli si compiaccia della taccia di poeta “parum pudicum” affibbiata da altri sodali
della sua cerchia. Pur stando al gioco, è pronto a dissentire e a chiarire la sua posizione quando qualcuno
glielo ricorda esplicitamente, con energiche arringhe accusatorie, più che difensive. Il carme XVI risulta
illuminante in tal senso. Sì, è vero! L’autore ammette chiaramente che talune composizioni di sua
appartenenza appaiano indubbiamente lascive e spudorate. Ma sono state create a bella posta con tanto “sal
et lepos” per colpire chi merita, e non certo per scandalizzare gli innocenti e puri di cuore, “non dico pueris”.
Non esita a ribellarsi allorquando gli si fa notare di essere un “male marem”, incapace, cioè, di mantenere la
65 “Limite invalicabile! Fermati e rifletti!”.