57 “Secondo la sua Prima ovunque si trovi saluta. T’imploro d’amarmi, Signora” 96 “Secundus Prim(a)e suae ubique isse(t)[esset] salute. Rogo, dom<strong>in</strong>a, ut me amis [ames].” Pompei I sec. a.C. (8000 ab. ca.) – iscrizione parietale – [Corpus Inscriptionum Lat<strong>in</strong>arum – vol. IV - n.1023] Ercole e Deianira o tenerezze fra una coppia di amanti. Affresco parietale - Pompei “Bulla” d’oro – I sec. a.C. Ariccia - Roma - Palazzo Massimo alle Terme Museo Nazionale (cfr.: pag. 54) 96 Irridere sui muri delle abitazioni la irreprensibilità altrui, lodare, esprimere sentimenti di passione e di odio all’<strong>in</strong>dirizzo di qualcuno/a erano nel mondo lat<strong>in</strong>o pratiche molto comuni. <strong>Catullo</strong>, per esempio, non di rado m<strong>in</strong>accia di bollare d’<strong>in</strong>famia i suoi rivali d’amore nei modi più disparati a lui congeniali. Uno tra questi è graffire sulla parete esterna della taverna <strong>in</strong> cui si trovano a gozzovigliare con la sua Lesbia – conv<strong>in</strong>ti di cornificarlo – che essi sono degli emeriti “culattoni” : “ Atqui putate: namque totius vobis/frontem tabernae sopionibus scribam.” (Perciò credetelo: scriverò su tutto il frontone dell’osteria che avete il culo rotto). C., xxxvii, vv.9-10.
58 Forse <strong>Catullo</strong> des<strong>in</strong>ava così … “I Romani mangiavano seduti su uno sgabello, di rado, a tavola, quasi sempre <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a accanto al fuoco se faceva freddo. Con il passare del tempo e con il miglioramento delle condizioni economiche, i Romani più abbienti dest<strong>in</strong>arono una stanza al pasto (tabl<strong>in</strong>um). Soltanto dal II secolo a.C. essi <strong>in</strong>iziarono a mangiare sdraiati sul tricl<strong>in</strong>ium” 97 Di buon’ora, appena sveglio e senza neanche lavarsi le mani, il Romano consuma uno dei due pasti della giornata, una colazione sostanziosa a base di pane e formaggio, frutta e carne. Si tratta spesso degli avanzi della cena del giorno prima, che gli <strong>in</strong>vitati ad un banchetto possono portarsi a casa <strong>in</strong> un cest<strong>in</strong>o. Sbrigati i primi affari, si dedica al prandium, lo spunt<strong>in</strong>o della tarda matt<strong>in</strong>ata, sobrio e veloce. L’evento cul<strong>in</strong>ario della giornata si svolge <strong>in</strong>vece al pomeriggio, quando il Romano abbiente, dopo il consueto bagno alle terme, e qu<strong>in</strong>di verso le tre o le quattro del pomeriggio, si siede comodamente a tavola f<strong>in</strong>o al calare del sole. Qui le portate sono numerose, f<strong>in</strong>o a sei, ognuna con una serie svariata di piatti. Nella cena normale dopo l’antipasto - gustatio - seguono le portate pr<strong>in</strong>cipali di carne e pesce e si chiude con le secundae mensae, cioè i dessert. La serata cont<strong>in</strong>ua con il simposio, <strong>in</strong> cui alla mescita di v<strong>in</strong>o - sempre annacquato - si accompagna ancora qualche cibo, come i porri, che stimolano la voglia di bere. Una serie di norme di buona educazione e di etichetta regola la cena, anche rispetto alla disposizione dei posti a tavola. Nel tricl<strong>in</strong>io (sala da pranzo), <strong>in</strong>fatti, il padrone di casa fa disporre i letti tricl<strong>in</strong>iari, su cui i convitati si distendono a due o tre, sostenendosi con il braccio s<strong>in</strong>istro piegato. In tal modo la mano destra è libera di afferrare i cibi dai bassi tavol<strong>in</strong>i accuratamente imbanditi davanti agli ospiti. Il posto d’onore, detto “consolare”, è all’estrema destra del letto centrale, ed è così chiamato dal fatto che un messaggero, entrando dalla porta postagli di fronte, può facilmente trasmettere al convitato ivi disteso una comunicazione importante e urgente. Il padrone di casa si dispone subito a s<strong>in</strong>istra dell’ospite d’onore. Nelle case più ricche le sale da pranzo sono più d’una, e vengono occupate secondo la stagione dell’anno e l’orientamento : i tricl<strong>in</strong>i estivi, spesso sem<strong>in</strong>terrati e contenenti fontanelle e giochi d’acqua, sono orientati a nord, mentre quelli <strong>in</strong>vernali prospettano a ovest, fatto che permette di cogliere gli ultimi raggi di sole della giornata. L’alimentazione romana di epoca arcaica e repubblicana è sobria, a base di legumi, cereali, formaggio e frutta ; con la conquista dell’Oriente, <strong>in</strong>vece, almeno sulle mense ricche, arrivano nuovi <strong>in</strong>gredienti da tutte le prov<strong>in</strong>ce.Accanto al pane quotidiano, alla puls (sorta di polenta condita), alle grandi quantità di lup<strong>in</strong>i, lenticchie, ceci e soprattutto fave, oltre a lattughe, cavoli e porri, fichi, mele e pere, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciano ad essere consumati anche cibi di lontana provenienza, come le ciliege, importate per la prima volta dall’Oriente da Lucullo. Il Romano povero, ovviamente, non ha accesso ai cibi importati e costosi e <strong>in</strong> casa non ha neanche il tricl<strong>in</strong>io. Egli cont<strong>in</strong>ua la tradizione antica di pasti frugali ed economici. Il Romano ricco, <strong>in</strong>vece, come ci tramandano abbondantemente le fonti, offre frequentemente banchetti, cui partecipano dec<strong>in</strong>e di amici e clienti. Qui i cibi sono vari, cuc<strong>in</strong>ati con cura ed anche molto elaborati, almeno stando alle ricette del cuoco Apicio, giunte f<strong>in</strong>o a noi. Sono molto apprezzate le uova di anitra, piccione e pernice e molto consumato è il pesce, fresco o <strong>in</strong> salamoia. Simile ad alcune salse orientali moderne a base di pesce salato e fermentato (come il Nuoc Nam <strong>in</strong>doc<strong>in</strong>ese), è il garum, una delle salse più note dell’antichità, di cui esistono diverse varietà. Ancora più diffuso, però, è sicuramente l’olio d’oliva, importato soprattutto dalla Baetica (odierna Andalusia) e dall’Africa settentrionale, le cui anfore da trasporto hanno formato <strong>in</strong> Roma, <strong>in</strong> circa tre secoli, una vera e propria coll<strong>in</strong>etta artificiale : il monte Testaccio (detto “Monte dei cocci”). Si mangia raramente carne bov<strong>in</strong>a, più spesso carne ov<strong>in</strong>a e capr<strong>in</strong>a, e comune è il maiale, del quale si è imparato a sfruttare ogni parte. Il consumo di <strong>in</strong>saccati è enorme e apprezzata la carne di volatili - da cortile e da voliera - prodotta <strong>in</strong>tensivamente nelle ville rustiche o cacciata, <strong>in</strong>sieme a selvagg<strong>in</strong>a più grande, come c<strong>in</strong>ghiali, da<strong>in</strong>i, cervi e caprioli. Una delle caratteristiche fondamentali della cuc<strong>in</strong>a romana è l’accostamento di gusti opposti, del piccante con il dolce, del dolce con l’aromatico. Oggi non troveremmo poi così gradevoli gran parte delle ricette che ci sono pervenute, ad esempio le pere lesse con miele, passito, salsa di pesce, olio e uova, e forse neanche le pietanze a base di gru, fenicotteri, pappagalli e pavoni che ornavano certe tavole molto raff<strong>in</strong>ate. Fruttiera di vetro e vasi ricolmi di prodotti della terra Casa di Julia Felix – Pompei – 63/79 A.D. “ientaculum” (colazione) “prandium” (pranzo) “coena” (cena) “mappa” (tovagliolo) “tricl<strong>in</strong>ium” (sala da pranzo) “lectus tricl<strong>in</strong>aris” (panca coperta da materasso o cusc<strong>in</strong>i) “gustus” (antipasto) “ primae mensae” “secundae mensae” (primo e secondo piatto) 97 Da: “Cuc<strong>in</strong>a dell’antica Roma”, <strong>in</strong>: http://cuc<strong>in</strong>astorica.blogspot.com/2007/11/cuc<strong>in</strong>a-dellantica-roma.html. L’articolo a due colonne è di Simona Moretta, <strong>in</strong>: http://www.activitaly.it/subura/romaoggi/cuc<strong>in</strong>aromana/antichi_romani_cibo.htm.