Gaio Valerio Catullo &“Lesbia” - Taranto in cartolina

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59 “… bonam atque magnam/cenam, non sine candida puella/ et vino et sale et omnibus cachinnis.” 98 Schiavi che servono ad una cena - III sec. a.C. - Cartagine Banchetto -Pompei Louvre - Parigi In alto a sinistra: fiasche di vino a trottola - 125-90 a.C. Ornavasso – Verbania. A destra: figura femminile che serve un vassoio di cibo. Pompei - Villa dei Misteri - particolare di affresco. Il sale per i Romani costituiva un vero e proprio alimento. Rappresentava persino un sistema di pagamento, dato che i soldati lo ricevevano come completamento della paga (salarium). La fornitura di sale alla Roma repubblicana era assicurata dalle saline create dal re Anco Marzio alla foce del Tevere. Costava molto e il suo prezzo aumentava per via delle spese per trasportarlo in località parecchio distanti dal mare. Molto spesso, però, veniva distribuito gratuitamente al popolo dagli uffici annonari. Era anche insaporito con spezie, giacché i Romani lo consideravano un contorno e sovente lo mangiavano con il pane. Serviva in casa come medicinale di pronto uso per certi disturbi. Il vino era raramente limpido e veniva di solito filtrato con un passino (colum), si beveva quasi sempre allungato con acqua calda o fredda (in 11,460 parti. In inverno a volte anche con neve) in modo da ridurne la gradazione alcolica di solito da 15/16 a 5/6 gradi. I tipi più pregiati erano il Falerno del Massico (a sud di Sinuessa/Campania), il Cecubo, il Caleno (Capua), il Volturno, l'Albano e il Sabino (dal Lazio) e il Setino. I più dozzinali erano il Veietano (come tutti i vini dell'Etruria era considerato di qualità scadente), quello del Vaticano e quello di Marsiglia (i vini della Gallia narbonese venivano affumicati e spesso contraffatti ). Il Gustaticium era invece un vino aperitivo al quale si aggiungeva miele e si beveva a digiuno prima del pasto. Il Passim, infine, era un vino fatto con uve secche (passito), serviva per i malati. 99 Cfr.: “Gli utilizzi del sale nel mondo Romano”, in: http://gold.indire.it/datafiles/BDP- GOLD00000000002039A3/ma...non%20sar%E0%20ind igesto.doc Alle donne romane, salvo le dovute eccezioni, era vietato bere vino. Se scoperte venivano punite dai mariti o dai familiari. Cfr.: http://www.tibursuperbum.it/ita/note/romani/VinoRomani.htm. Vini esteri come quelli di Taso, di Chio, di Lesbo (ritenuto medicamentoso), di Sicione, di Cipro, di Telmeso, di Tripoli d’Asia, di Beyrut (Libano) e di Sebennys (Egitto) seppero contendere il primato a non pochi vitigni locali perché venduti a prezzi molto competitivi, determinando così l’azzeramento produttivo dei vini meno pregiati. (informazioni in parte attinte da: “I Romani a Tavola”, in: www.bibliolab.it/I%20Romani%20a%20tavola/i%20vini.htm ). 98 “… cena abbondante e succulenta, non senza una bella ragazza e vino e sale ed un mucchio di risate.” Carmina, xiii, vv. 3-5. 99 Da: “Vita quotidiana nell’Antica Roma”, in: http://www.archeoempoli.it/anticaroma.htm.
60 Aforismi Catulliani … Pompei - coppia di benestanti - affresco. Ca. 45 -79 A.D. 100 M. N. Napoli “Ad ognuno si affibbia un difetto: ma ciò che sta nella bisaccia sulle nostre spalle noi non lo vediamo” 101 “L’ingratitudine è di tutti; e il bene fatto nulla,/anzi fonte di amarezze e di mali peggiori”c.73 “La candida vecchiaia/muovendo la fronte tremula/annuisce tutto a tutti”c.61 100 Si tratta del panettiere Terentius Neo e consorte, come rivela l'iscrizione graffita all'interno della casa. I due si fecero ritrarre in posa di persone colte e facoltose. Per lungo tempo è stato ritenuto a torto che la figura maschile appartenesse ad un influente personaggio di nome Paquius Proculus. Cfr.: http://marcheo.sanc.remuna.org/cerca/cerca/Contents/Catalogo/createPage?inv=9058. 101 Carmina, xxii, vv. 20-21. “… Suus cuique attributus est error;/ sed non videmus manticae quod in tergo est.” Parole che ricordano molto: “Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?” Vangelo di Luca: 6,41-42; 6,45.
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