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Testo - Storia e Memoria

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"... I medici mi dicevano di riposare molto e di mangiare poco. Ma al posto della pensione di<br />

invalidità ho otto ore di lavoro che pure è il migliore che posso avere qui. Ma sono sempre otto ore<br />

e io non sto bene. Questo è il problema".<br />

CSEO 167 - FEBBRAIO - 1981<br />

La nazione arrestata<br />

Dall’agosto 1968 la Cecoslovacchia si è del tutto normalizzata: il dissenso del 77 è decapitato, gli<br />

esponenti di Charta 77 sono in carcere, la chiesa è sottoposta a un controllo puntiglioso,miope,<br />

l’associazione “Pacem in Terris” è tenuta in uno stato di degradante servilismo. Lo stato di arresto<br />

è il nuovo statuto sociale del cittadino cecoslovacco. Lo scollamento tra la classe operaia e<br />

l’ideologia del partito è enorme. L’operaio cecoslovacco vive senza ideali e senza tensione morale<br />

una condizione di schiavo rassegnato, interessato appena al cibo della sopravvivenza e al saldo del<br />

benessere piccolo-borghese. La normalizzazione del ‘68 ha sottratto al movimento operaio<br />

mondiale,alle sue lotte e alle sue tradizioni, un’intera nazione,la cui classe operaia pur aveva un<br />

non mediocre passato. Una nazione di schiavi è una nazione che non ha più le ragioni della<br />

propria unità. Non può più amarla e lavorarla, perché non ne comprende più il destino e non ne<br />

ricorda la storia. È dalla nostalgia che è nato il dissenso ed è per questo motivo che il dissenso è<br />

stato ed è un avvenimento culturale,non politico. La memoria ritrovata e coltivata dei valori che<br />

hanno formato l’uomo in quella terra alimenta il dissenso culturale. (n.d.r)<br />

Milan Simecka<br />

Vivere in carcere - estate 1979<br />

Il documento è una riflessione di Milan Simecka,storico,fatto segno a pressioni e persecuzioni di<br />

ogni genere insieme alla famiglia perché considerato pericoloso controrivoluzionario.<br />

Fino a dieci anni Simecka pensava che il carcere fosse riservato a uomini di un genere particolare:<br />

ladri,farabutti o assassini. Poi venne la guerra e giunsero due uomini dal signor Fiala che abitava<br />

sotto casa sua . All’improvviso Simecka vide come un uomo che lui conosceva finiva in carcere: “A<br />

questo punto suonerebbe bene la frase: allora capii che potevano finire in prigione anche gli uomini<br />

amabili,buoni,onesti e vicini”. Il carcere cominciava così a far parte della sua vita ( un suo cugino<br />

rimase per lungi anni a Jachymov).<br />

Oggi Simecka non sa più che cosa dicesse in quel periodo la sua coscienza, la quale giocava uno<br />

strano gioco: non usava parole con cui parla oggi,non parlava di diritto dell’uomo alla libertà,alle<br />

proprie idee,alla dignità e a tutto quanto rientra nelle antiche tradizioni della civiltà europea ma<br />

ridondava di dolore e di sgomento. Anche ora Simecka conosce di nuovo uomini bravi e onesti che<br />

sono in carcere. Sono ormai dieci anni che si parla nuovamente di uomini che sono in prigione e si<br />

sa che secondo i parametri umani sono onesti e buoni,che sono solo vittima della malvagità e<br />

dell’odio. “Di nuovo si trovava in carcere Sabata che io conoscevo. Me lo ricordo quando<br />

conduceva un seminario all‘epoca in cui ero ancora studente. Ci parlava di come la rivoluzione<br />

libera l‘uomo“ . Simecka ancora oggi cerca di immaginare quale stato d’animo spinga gli<br />

accusatori, i giudici e i loro superiori a condannare al carcere anche delle donne,separandole così<br />

dai figli e dalle poche gioie della vita che restano loro. Si chiede: “Oppure tutto questo non ha nulla<br />

a che fare con l’animo umano ed è solo parte di una astratta necessità politica?”.<br />

In seguito Simecka incontrò Vaclav Havel, il quale gli disse che in carcere la cosa peggiore era la<br />

separazione dal resto del mondo. Disse che spesso sembrava che il mondo di fuori non esistesse e<br />

che rimanesse solo il mondo dietro le sbarre,con le sue regole,i suoi ritmi,la sua dimensione ridotta.<br />

Pensando ad Havel e alla sua produzione drammaturgica, si chiede: “E allora mi chiedo se in quel<br />

momento il giudice qualche volta pensa che ha condannato a quattro anni di carcere uno di quelli<br />

che danno il contributo più significativo a questo rito ( rito del teatro) “.<br />

La gente è stanca di quelli che pur avendo la possibilità di impedire questo una volta per sempre<br />

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