Testo - Storia e Memoria
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La Cecoslovacchia<br />
dalla repressione della Primavera di Praga alla rivoluzione di velluto.<br />
La “normalizzazione” alla prova<br />
della “normalizzazione” che seguì l’intervento armato del Patto di Varsavia nel 1968, si è<br />
sottolineato in particolare l’aspetto repressivo nei confronti di artisti ed intellettuali, ma l’aspetto più<br />
profondo e durevole è stato l’influenza che essa ebbe nel trasformare i comportamenti, le mentalità<br />
e la scala dei valori della popolazione. Essa creò uno stato di torpore e di astenia, in cui cadde la<br />
società cecoslovacca, dal quale riuscì ad uscire solo dopo diversi anni.<br />
La situazione economica cecoslovacca progrediva lentamente verso il “sottosviluppo”.<br />
La dirigenza cecoslovacca (a capo del partito comunista ad Alessandro Dubcek era subentrato<br />
Gustav Husak) infatti cercò di garantire una relativa agiatezza alla popolazione, ma dietro tale<br />
agiatezza vi era però una situazione economica molto pesante, soprattutto dell’apparato industriale,<br />
che invecchiava velocemente tanto ad arrivare al livello degli altri pesi del blocco, e delle<br />
infrastrutture il cui degrado era inarrestabile.<br />
Il sistema economico comunista “distruggeva le conquiste dell’unico Stato dell’Europa centrale il<br />
cui livello economico era stato, prima della seconda guerra mondiale, simile a quello dei paesi<br />
occidentali” 17 .<br />
Un altro problema che causava continue tensioni all’interno della nazione era il grande divario<br />
economico tra Slovacchia, Boemia e Moravia; la prima era un paese essenzialmente agricolo che,<br />
nonostante gli investimenti del presidente Husak, “rimaneva un paese essenzialmente agricolo,<br />
ripiegato su se stesso, lontano dalla grande politica di Praga, senza contatto con i focolai del<br />
dissenso dell’intellighenzia ceca apparsi nella seconda metà degli anni settanta” 18 .<br />
La repressione, legata al processo di normalizzazione, fu molto ampia e creò un grande<br />
scoraggiamento, “che immerse il paese in un’ebetudine che rasentava la prostrazione” 19 .<br />
Questa repressione portò molti artisti e intellettuali ad emigrare e coloro che rimanevano furono<br />
privati del loro impiego.<br />
Inoltre 500.000 militanti furono espulsi dal Partito Comunista perché accusati di “ dubcekismo” , di<br />
essere seguaci dell’ex premier.<br />
L’ampiezza di tale epurazione, soprattutto tra i ceti più colti, creativi ed “occidentali” della società,<br />
spiega pienamente lo stato di demoralizzazione in cui era caduto il paese e dal quale impiegherà<br />
molti anni a uscire.<br />
Gli accordi di Helsinki, del 1° agosto 1975, furono molto importanti per i paesi del blocco sovietico<br />
e per i movimenti di dissenso, portarono a un avvicinamento tra USA e URSS su questioni quali il<br />
disarmo e il rispetto dei diritti umani.<br />
Tali accordi rappresentarono perciò un’opportunità al dissenso di emergere e cosi, agli inizi di<br />
gennaio del 1977, Charta 77 fu resa pubblica.<br />
I suoi presentatori ( tra cui Havel) indirizzarono al governo dei documenti di denuncia e di proposte<br />
di riforma, sottoscritti da molte persone, le quali si esponevano cosi alla repressione, nonostante gli<br />
stessi fondatori avessero tenuto a precisare che tale gruppo non era né un’associazione né<br />
un’organizzazione, ma “un’iniziativa di cittadini rispettosi della legge e desiderosi di intavolare un<br />
dialogo con le autorità” 20 .<br />
Charta 77 fu osteggiata con l’isolamento e le repressioni e il giornale del partito comunista “ Rude<br />
Pravo” definì la Charta come un “documento antisocialista e antistatalista, demagogico , prodotto<br />
17 Francois Feitò, La fine delle democrazie popolari. L’Europa orientale dopo la rivoluzione dell’89, Arnoldo<br />
Mondadori, Milano 1994, p.152<br />
18 Ibidem<br />
19 Ibidem<br />
20 Ivi p. 153<br />
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