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LUPO 24_9_2012:Layout 1 24/09/12 12.44 Pag<strong>in</strong>a 153<br />

nascondere le manette da coprire con la prima cosa che gli era capitata<br />

tra le mani. Per non spaventare la nipote. Per consentire almeno<br />

a lei di r<strong>in</strong>viare quanto più a lungo possibile l’appuntamento con il<br />

dolore.<br />

Scortato da dec<strong>in</strong>e di militari, Valerio f<strong>in</strong>almente salì <strong>in</strong> casa.<br />

Arrivato <strong>in</strong> sala, al secondo piano, due carab<strong>in</strong>ieri gli tolsero le manette<br />

e si sistemarono ai lati opposti della stanza mentre altri militari<br />

presidiavano l’<strong>in</strong>gresso, le scale e il primo piano. Avevamo la casa<br />

bl<strong>in</strong>data. E lo sarebbe rimasta per le successive due ore, il tempo che<br />

avevano concesso a mio fratello per il permesso. Ma stavamo toccando<br />

con mano una felicità che avevamo sognato per anni.<br />

Valerio si era subito seduto sul divano. Ma poi si era rialzato e aveva<br />

<strong>in</strong>iziato a camm<strong>in</strong>are per la stanza. Cont<strong>in</strong>uava a essere spaesato,<br />

non riusciva a stare fermo e perf<strong>in</strong>o il suo modo di muoversi ci appariva<br />

cambiato. Tanto che mio padre, qualche giorno dopo, commentò:<br />

“Quella matt<strong>in</strong>a Valerio studiava ogni suo movimento. Non era spontaneo.<br />

Cercava disperatamente di controllare una situazione che gli<br />

stava sfuggendo completamente di mano”.<br />

Solo chi ha vissuto r<strong>in</strong>chiuso <strong>in</strong> una cella per nove anni può capire cosa<br />

si provi a uscire per la prima volta. E quale e quanto profondo sia<br />

il bombardamento di emozioni che il mondo ti scarica addosso da un<br />

attimo all’altro. Valerio quel giorno ci sorrideva, cercando di tranquillizzarci.<br />

Era preoccupato soprattutto per papà che col suo cuore aveva<br />

già affrontato un paio di volte la sala operatoria. Ma noi vedevamo<br />

che lo faceva solo per noi. Perché lui non era affatto sereno.<br />

Avevamo tutti davanti agli occhi il dolore <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito dei colloqui, quando<br />

il tempo è scaduto e te ne devi andare, lasciando <strong>in</strong> quella sala<br />

di sbarre e muri sbeccati una parte di te, senza sapere quando potrai<br />

<strong>in</strong>contrarla di nuovo. Ci sentivamo ancora addosso la stretta<br />

fortissima di quegli abbracci profondi, così <strong>in</strong>tensi da restarti appiccicati<br />

addosso per giorni. Ma non abbastanza da annullare distanze<br />

e attese.<br />

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