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LUPO 24_9_2012:Layout 1 24/09/12 12.44 Pag<strong>in</strong>a 34<br />

LUPO<br />

nome per salutarlo, per fargli sapere che la sua famiglia non lo aveva<br />

abbandonato. Per dirgli che non era solo e che si sarebbe sistemato<br />

tutto. Lui ci sentiva e ci rispondeva. Ci tranquillizzava, perf<strong>in</strong>o.<br />

“Sto bene mà. Va a dormire!”.<br />

Cont<strong>in</strong>uavamo a parlarci a distanza f<strong>in</strong>o a che la stanchezza non ci<br />

riportava a casa.<br />

Sono state notti <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite. E non avrei mai voluto rientrare. L’aria gelida<br />

dei Sibill<strong>in</strong>i tagliava il fiato, mentre l’umidità che saliva dal fiume<br />

penetrava nelle ossa e nella pietra, trasformando quei primi piani<br />

del Forte <strong>in</strong> un’enorme tomba sepolta nel fango e dimenticata da<br />

Dio.<br />

Mio figlio mi mancava disperatamente e sapevo che a lui noi mancavamo<br />

moltissimo.<br />

I colloqui si svolgevano <strong>in</strong> una stanza gelida come tutto il resto, adorna<br />

solo di un tavolo e qualche sedia. Il locale term<strong>in</strong>ava a cuneo: i detenuti<br />

stavano su una panca, nella parte stretta. Noi davanti a loro,<br />

dalla parte opposta. In mezzo c’era una vetrata e così tanto spazio da<br />

impedirci qualsiasi contatto. In tutti quei giorni non riuscii mai ad<br />

abbracciare Valerio, né a str<strong>in</strong>gergli una mano. Avrei voluto sentire il<br />

suo calore, fargli sentire il mio. Mentre tutto quello che potevo fare<br />

era sostenerlo con le parole, gli sguardi e la forza che avevo dentro.<br />

Non eravamo gli unici ad andare da lui. Già dal giorno successivo all’arresto<br />

dec<strong>in</strong>e di ragazzi si radunavano a tutte le ore davanti al Forte<br />

urlando il suo nome. Erano così tanti e facevano così tanto baccano<br />

che una matt<strong>in</strong>a <strong>in</strong>tervenne la polizia per disperderli. A sostenere<br />

mio figlio c’erano i suoi compagni di classe, gli altri ragazzi del liceo<br />

e tutti quelli che si sentivano vic<strong>in</strong>i a lui. Nei giorni della sua detenzione<br />

abbiamo avuto la casa perennemente piena di suoi amici e<br />

amiche. Arrivavano a tutte le ore del giorno per portare dolci da farci<br />

consegnare, lettere o solo saluti e parole di conforto.<br />

“Valerio resisti! Ti stiamo aspettando!”, era il grido che riecheggia-<br />

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