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"Il libro delle vergini" di Gabriele D'Annunzio - Altervista

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quell'opera macchinale dell'ago e del filo su le eterne tele<br />

bianche odoranti <strong>di</strong> spigo e <strong>di</strong> santità. Mai le loro mani<br />

cercarono la fronte dei <strong>di</strong>scepoli, in una effusione <strong>di</strong> tenerezza<br />

improvvisa. Insegnavano la piccola dottrina, i piccoli canti della<br />

religione; facevano prostrare tutte quelle teste gioconde<br />

lungamente sotto le ammonizioni quaresimali; parlavano del<br />

peccato, delli orrori del peccato, <strong>delle</strong> pene eterne, con la voce<br />

grave, mentre tutti quei gran<strong>di</strong> occhi si empivano <strong>di</strong> meraviglia e<br />

tutte quelle bocche rosee si aprivano allo stupore. Intorno, per le<br />

fantasie vive dei fanciulli le cose si animavano; dal fondo dei<br />

vecchi quadri uscivano certi profili giallognoli <strong>di</strong> santi<br />

misteriosi; e il Nazareno cinto <strong>di</strong> spine e <strong>di</strong> stille <strong>di</strong> sangue<br />

guardava da ogni parte con gli occhi agonizzanti, perseguitando;<br />

e su per la gran cappa del camino ogni macchia <strong>di</strong> fumo<br />

prendeva una forma atroce. Così infondevano esse la fede in<br />

quelle anime inconsapevoli.<br />

Ora il ricordo <strong>di</strong> quella sterilità si destò in Giuliana<br />

torbidamente. Ella risaliva, risaliva alli anni più lontani per una<br />

naturale tendenza dello spirito, si rifugiava alle fonti; e una<br />

pienezza improvvisa <strong>di</strong> giubilo la inondò come se in un<br />

momento tutta la sua infanzia le rifluisse al cuore.<br />

– Camilla! Camilla! – chiamò. – Dove sei?<br />

La sorella non rispose, non stava nell'altra stanza; era forse<br />

andata giù, nella chiesa, al vespro. Allora una tentazione prese la<br />

convalescente, <strong>di</strong> mettere i pie<strong>di</strong> a terra, <strong>di</strong> provare i passi su 'l<br />

pavimento, così, sola.<br />

Rideva d'un riso timido <strong>di</strong> bambina che esiti in una impresa<br />

<strong>di</strong>fficile; socchiudeva li occhi soffermandosi nel nuovo <strong>di</strong>letto <strong>di</strong><br />

quel pensiero; palpava con le <strong>di</strong>ta le ginocchia, le caviglie esili,<br />

raccogliendosi, come per misurare la forza; e rideva, rideva<br />

poiché il riso le insinuava uno sfinimento dolce, una sottile<br />

delizia, vibrante in tutto l'essere.<br />

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