"Il libro delle vergini" di Gabriele D'Annunzio - Altervista
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malattia e dopo dal regime, in Giuliana si manifestarono<br />
inaspettati atteggiamenti d'indole e mo<strong>di</strong> inconsueti, la repulsa<br />
avvenne inevitabile e la voce del comun sangue sopita non si<br />
poté levare a contrasto.<br />
V.<br />
I <strong>di</strong>scepoli tornarono: fu la prima volta una mattina del<br />
marzo nascente. Giuliana s'era levata dal letto; stava seduta su la<br />
sponda, col calore del sole alla nuca ed alli omeri. Nella stanza<br />
si sentiva l'odore agro dell'aceto che Camilla aveva versato nei<br />
calamai muffiti; e dalle finestre raramente il vento recava li<br />
effluvi <strong>delle</strong> viole già fiorite su l'arco.<br />
Fu allora una irruzione d'infanzia nella stanza. Fu prima<br />
sull'uscio un sospingersi tumultuoso <strong>di</strong> piccole teste che<br />
volevano sollevarsi le une su le altre per vedere, poi una<br />
esitazione, una timi<strong>di</strong>tà, una specie <strong>di</strong> meraviglia ingenua<br />
<strong>di</strong>nanzi alla maestra pallida pallida e scarna che i <strong>di</strong>scepoli<br />
riconoscevano a pena.<br />
Ma Giuliana sorrideva, sotto un turbamento improvviso <strong>di</strong><br />
tutto il suo sangue; Giuliana li chiamava a sé, confondeva i loro<br />
nomi che le si affollavano alle labbra e tendeva loro le mani. A<br />
uno, a due, a tre, i bimbi si avanzavano, volevano prenderle le<br />
mani per metterci la bocca sopra, ri<strong>di</strong>cevano le parole <strong>di</strong> augurio<br />
imparate a casa, ingoiando per la furia le sillabe.<br />
– No, no, non più! – esclamava Giuliana, sopraffatta, ma<br />
abbandonando le mani a quelle bocche tiepide e molli. Si<br />
sentiva quasi mancare.<br />
– Camilla, tienili, tienili.<br />
Ogni bimbo recava un dono: erano fiori, erano frutta. Le<br />
violette avevano subito sparso il profumo nell'aria, e in quel<br />
profumo, in quella luce tutte quelle faccie infantili invermigliate<br />
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