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"Il libro delle vergini" di Gabriele D'Annunzio - Altervista

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Così quando la scintilla scattò, tutte quelle forze latenti<br />

irruppero con una violenza nuova. E nella notte fu un'angoscia<br />

enorme sotto il cui peso il giovine rimase prostrato, un'angoscia<br />

ove già il rimorso aguzzava la punta, ove già un presentimento<br />

cupo <strong>di</strong> sciagure si affacciava, ove tutti i fantasmi insorgevano e<br />

ingigantivano e incalzavano senza tregua. Pareva a lui <strong>di</strong><br />

soffocare; ascoltava tutta la stanza empirsi dei battiti del suo<br />

cuore, e in mezzo a quei colpi come <strong>delle</strong> voci passare, le voci<br />

della madre. Lo chiamava forse la madre dall'altra stanza? Lo<br />

aveva forse sentito soffrire?<br />

Si levò sui gomiti, tenendo li orecchi al buio, senza poter<br />

<strong>di</strong>stinguere in quell'intronamento alcun suono. Nel dubbio,<br />

accese il lume; traversò l'uscio, si avvicinò al letto dell'inferma.<br />

Ella a quella luce volse dall'altra parte li occhi feriti.<br />

– Che vuoi, Gustavo?<br />

– Non mi hai chiamato?<br />

– No, figliuolo.<br />

– Mi pareva, mamma, <strong>di</strong> aver sentito...<br />

– Va, dormi. Che Dio ti bene<strong>di</strong>ca figliuolo mio.<br />

III.<br />

La mattina dopo, tornava Gustavo lentamente giù pe 'l<br />

viale, insieme con Famulus il grande cane niveo che lo seguiva<br />

con quel dondolamento <strong>di</strong> danza così molle ed elegante nei<br />

levrieri. Era una <strong>di</strong> quelle mattine verginali della primavera che<br />

nasce, in cui la campagna ha come un'indolenza <strong>di</strong><br />

convalescenza nello svegliarsi. Qualche cosa <strong>di</strong> latteo, un<br />

chiarore chiarissimo vagava su 'l verde, sotto li alberi; e su<br />

quella massa il sole metteva una ra<strong>di</strong>osità tra bionda e rosea, una<br />

trepidazione in<strong>di</strong>stinta. La vecchia terra d'Abruzzi ora<br />

s'inteneriva.<br />

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