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"Il libro delle vergini" di Gabriele D'Annunzio - Altervista

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V.<br />

Tornarono.<br />

– Così presto? – <strong>di</strong>sse Galatea, con un tono crudele d'ironia<br />

nella voce, fissandoli con i fred<strong>di</strong> occhi indovini.<br />

Ella non aveva pregato il <strong>di</strong>o lare, quel giorno, per la prima<br />

volta! Allora che li squilli <strong>di</strong> Vinca si persero giù per le scale e i<br />

passi della coppia su la sabbia del viale si attenuarono, d'un<br />

tratto un'angoscia cupa l'aveva invasa, uno sgomento cupo<br />

l'aveva oppressa. Fu come un assalto inaspettato, contro cui ella<br />

si sentiva debole, contro cui ella si sentiva inerme; fu come il<br />

<strong>di</strong>vampare improvviso <strong>di</strong> un incen<strong>di</strong>o che ella portava dentro <strong>di</strong><br />

sé, da tempo inconsapevole. Da prima ella non credette, ella non<br />

voleva credere, non volle penetrare quel sentimento nuovo che<br />

la sopraffaceva e la prendeva tutta; ella provò a <strong>di</strong>stendervisi,<br />

senza gemere, con un abbandono cieco,<br />

Ma no; ma dal suo cuore, ma dal fondo dell'anima sua,<br />

l'immagine <strong>di</strong> Cesare prorompeva, vittoriosamente. – Dunque<br />

era vero? Dunque ella lo amava? Dunque ella sarebbe stata<br />

infedele alla povera mamma morta?<br />

– O mamma! o mamma! – singhiozzò allora affranta,<br />

torcendosi le braccia, nascondendosi tra i cuscini la faccia riarsa<br />

dalle lacrime.<br />

A poco a poco quel dolore cedette; sorgeva una passione<br />

più umana, sorgeva uno strazio più umano. Le risa <strong>di</strong> Vinca<br />

parea vibrassero ancora nella vuota sonorità della volta. Era là<br />

Vinca <strong>di</strong>anzi, abbandonata su quel <strong>di</strong>vano, tutta odorosa e<br />

luminosa. Cesare la involgeva tutta del suo sguardo avido: egli<br />

non aveva mai avuto quel luccicore nelle pupille, mai. Erano<br />

andati soli, nel viale, là giù, sotto li alberi, soli.<br />

Ella si tormentava così, da se stessa; aspettando.<br />

– Povera Galatea, come ti sarai te<strong>di</strong>ata! – <strong>di</strong>sse Vinca<br />

accarezzandole i capelli, insinuandole fra le ciocche le <strong>di</strong>ta<br />

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