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CONOSCERE L'AMBIENTE PER DIFENDERLO - Cesvot

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diato, come “una sorta di memoria in cui si registra e si sintetizza la storia dei disegni territoriali<br />

degli uomini” (Quaini, 1998, p. 191).<br />

Affondando l'analisi sul problema dei processi storici che lo hanno prodotto, è dunque possibile<br />

mirare alla conoscenza storica oggettiva del paesaggio, giovandosi necessariamente di nozioni<br />

e categorie interpretative piuttosto eterogenee tra di loro, come fonti catastali, cartografiche,<br />

iconografiche e fotografiche (cioè i punti di vista della scienza della rappresentazione e della<br />

tradizione pittorico-vedutistica e delle arti figurative), testimonianze ‘volontarie’ presenti<br />

soprattutto nella pubblicistica di natura socio-economica, fonti ‘involontarie’ conservate negli<br />

archivi, metodologie di studio proprie degli approcci demo-antropologico, ecologico-botanico,<br />

ed archeologico riferiti al ‘terreno’ assunto come ‘memoria e documento’ (Moreno, 1990).<br />

L’integrazione e il corretto utilizzo critico di questi strumenti e documenti comportano, inevitabilmente,<br />

problemi di non facile risoluzione, non essendo agevole trovarle tutte padroneggiate<br />

dal geografo, così come da qualsiasi altra figura di studioso (Vecchio, 1997a).<br />

Va da sé che questo studio richiede una lettura particolarmente fine e penetrante, perché sia possibile<br />

cogliere, insieme, gli specifici valori materiali e le immagini identitarie dei luoghi, con i<br />

processi di identificazione e di appartenenza che li contraddistingue o li contraddistingueva<br />

prima che la struttura economica si distaccasse dai paesaggi. E ciò per impedire il pericolo –<br />

latente in tutti i progetti di pianificazione territoriale – che da ricostruzioni paesistiche di tipo<br />

scientifico-oggettivo, trascendenti la presenza delle società locali, possano scaturire pratiche di<br />

tutela-valorizzazione correlate “esclusivamente alla figura del turista” e del cittadino che “spende<br />

il proprio tempo libero sul territorio” (Quaini, 1998, p. 191). In altri termini, per consentire<br />

specificamente la ‘riambientazione’ dei cittadini che hanno perduto la memoria della storia territoriale<br />

e del significato particolare di luoghi, ambienti o monumenti della tradizione, anche per<br />

i legami allacciati con altri simboli di una modernità senz’anima e estraniante, quali i ‘nonluoghi’<br />

e gli ‘spazi effimeri’, specialmente propri del grande commercio e del divertimento o spettacolo<br />

di massa, comunque sempre incapaci di produrre cultura e senso di identità negli abitanti.<br />

Una conoscenza che va riconquistata, per ricreare un rapporto socio-culturale cosciente e virtuoso<br />

con essi, senza il quale non si conservano i paesaggi e le stesse identità locali.<br />

Per il ‘riconoscimento’ e la ‘lettura’ dei valori paesistico-insediativi e architettonici storici<br />

Partendo dagli odierni, talvolta violenti, contrasti visivi (propri della condizione post-industriale<br />

e post-moderna), l’analisi storico-paesistica deve proporre una efficace chiave di ‘lettura’ –<br />

come ad esempio quella geografica retrospettiva suggerita da Eugenio Turri nel 1994 e nel 1998<br />

– lungo uno svolgimento storico a ritroso, “cancellando via via, idealmente, tutto ciò che vi è<br />

stato aggiunto in anni recenti e poi, più indietro, negli anni passati”.<br />

In particolare, occorre preliminarmente “identificare sulla carta topografica – per i piccoli spazi<br />

va bene la Carta d’Italia 1:25.000 dell’IGM, oppure la relativa carta tecnica regionale – il territorio<br />

che ci interessa” e delimitare l’area e/o gli oggetti da considerare. “Per esempio distinguendo<br />

le case e le corti contadine dalle ville e dalle case padronali, le case d’abitazione recenti<br />

dai capannoni industriali, le case edificate secondo le epoche, periodizzando opportunamente<br />

la storia del territorio, cioè riconoscendo valore alle fasi più significative storicamente: gli<br />

ultimi decenni, il secolo scorso, il Settecento, il Quattrocento e il Cinquecento, l’età delle signorie,<br />

l’età comunale, il periodo romano e ancora a ritroso l’età preistorica che spesse volte ha dato<br />

un imprinting decisivo all’organizzazione territoriale. Per ognuna di queste epoche, che riflettono<br />

solitamente le tappe storiche più importanti della vita regionale o nazionale, potremo<br />

costruire una carta specifica, sulla quale riporteremo via via tutte le informazioni relative che<br />

riusciremo a mettere insieme” con l’indagine da condurre sia negli archivi e nelle biblioteche e<br />

sia direttamente sul terreno, con l’interrogare “i singoli attori e sapere come e in che misura<br />

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