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CONOSCERE L'AMBIENTE PER DIFENDERLO - Cesvot

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(Barberis, 1999, pp. 304 e 309); oppure delle borgate maremmane (Vada, Cecina e Follonica)<br />

fondate, con le stesse modalità e finalità, negli anni 30 del XIX secolo, da Leopoldo II di Lorena<br />

(Barberis, 1999, pp. 42 e 144; Barsanti e Rombai, 1986).<br />

Ugualmente differenziata risulta la casistica degli spesso ragguardevoli centri direzionali delle<br />

fattorie appoderate a mezzadria (ville-fattorie), delle cascine o corti padane, anch’esse spesso<br />

notevoli fulcri di medie e grandi imprese capitalistiche derivate dalle solide, e non di rado fortificate,<br />

grance cistercensi dei secoli XII-XIII (Comba, 1985, pp. 372-377), e dei complessi edilizi<br />

– di solito dalle forme massicce e non di rado fortificate, talora dominate (come nella pianura<br />

jonico-metapontina) dal palazzotto baronale – che sono correlati al latifondo tosco-laziale<br />

e meridionale (tenute, casali e masserie, non di rado derivati da villaggetti agricoli), e persino<br />

delle elementari dimore soprattutto temporanee ed ausiliarie della piccola proprietà alpina<br />

(essenzialmente malghe e alpeggi per i pascoli d’altura) e di quella dell’Italia peninsulare e<br />

insulare (per finalità ora composite di tipo agro-silvo-pastorali, ora latamente agricole o solo<br />

viticole o solo pastorali, ecc.) (Comba, 1985, pp. 395-404).<br />

L’origine di tutti questi tipi di insediamento agricolo e rurale – così come delle dimore dal carattere<br />

sicuramente più omogeneo (di regola uniformi e misere casette a schiera di entità minima)<br />

dei villaggi e dei grossi agglomerati compatti dell’Italia meridionale, correlati al binomio del<br />

microfondo contadino e del latifondo signorile – è ugualmente da ricercare nei secoli XII-XIII,<br />

anche se gli elementi si diffonderanno soprattutto negli ultimi secoli del Medioevo e nei tempi<br />

moderni e contemporanei (Barbieri e Gambi, 1970; Gambi, 1976; Comba, 1985, pp. 389-395).<br />

Nei secoli XII-XIV, poi, gli spazi agricoli più prossimi alle città dell’Italia centro-settentrionale<br />

vengono punteggiati anche di ‘ville’, cioè di residenze di cittadini proprietari di quegli stessi<br />

beni agricoli affidati alla coltivazione di famiglie coloniche, che assumono forme mutuate<br />

dalle residenze incastellate o urbane delle famiglie feudali: la torre (detta anche, nella Toscana<br />

comunale, ‘torre appalagiata’) (Comba, 1985, pp. 377-382). Nel Rinascimento, e precisamente<br />

a partire dalla metà del XV secolo, tali ‘caseforti’ turrite, o turriformi case di campagna dei cittadini,<br />

vengono accorpate in nuove più ampie e comode residenze (i ‘palagi/palazzi’), che ora<br />

assumono (sia nei casi di ristrutturazione che, a maggior ragione, in quelli di nuova edificazione)<br />

caratteri volumetrici e architettonici a sviluppo orizzontale che si richiamano alla proporzione<br />

e alla simmetria dei modelli classici, secondo le teorizzazioni e i contributi concreti di<br />

grandi architetti umanisti come Leon Battista Alberti, Filippo Brunelleschi, Michelozzo, ecc.<br />

Viene allora recuperata la concezione classica di luogo di delizie in una natura accogliente, lontano<br />

dagli affanni cittadini (Di Cristina e Donatini, 1979, p. 162).<br />

Ovviamente, tali residenze per la villeggiatura – che in molti casi tenderanno gradualmente a<br />

dotarsi pure degli ambienti necessari a svolgere un ruolo direzionale nel processo produttivo<br />

agricolo, a divenire cioè sedi ‘d‘agenzia’ o di fattoria, con le indispensabili strutture per l’amministrazione,<br />

la conservazione e la trasformazione dei generi agricoli e zootecnici – furono<br />

presto affiancate da elementi nuovi, come i viali alberati di accesso sempre più monumentali,<br />

le cappelle e gli oratori, i geometrici giardini ‘all’italiana’ (con l’immancabile corredo delle fontane<br />

e delle cascatelle o dei giochi d’acqua, delle statue e delle grotte artificiali, dei vialetti e dei<br />

belvederi, dei prati e delle siepi ornamentali realizzati con essenze sempreverdi, delle limonaie<br />

e dei ninfei) e i parchi alberati ove si voleva ricreare la natura selvaggia con l’impianto artificiale<br />

di boschetti di piante sempre per lo più sempreverdi (leccio, pino, cipresso, alloro e lauro,<br />

agrifoglio, ecc.), da utilizzare anche per la caccia agli uccelli, alle lepri, ai daini e ai cervi ivi<br />

allevati in speciali recinti.<br />

Il giardino diventa “un insieme di parti ben relazionate e proporzionate secondo un disegno<br />

generale; la prospettiva è lo strumento per unificare gli elementi e stabilirne l’ordine visuale e<br />

il rapporto con l’edificio. La geometria s’impone anche alla natura e così i dislivelli del terreno<br />

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