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CONOSCERE L'AMBIENTE PER DIFENDERLO - Cesvot

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piutamente nell’età della rivoluzione industriale: una ‘composizione’ che è data dal superamento<br />

del tradizionale policentrismo del tessuto urbano, col raggiungimento di una netta omogeneità<br />

zonale – cioè di cascuna delle tante zone che la compongono – del suo paesaggio ottonovecentesco<br />

(rispetto alla complessità, commistione e grande ricchezza formale dei quartieri<br />

storici costituitisi, più o meno spontaneamente, nel corso di parecchi secoli). In altri termini, la<br />

città dei tempi dell’industria arriva a caratterizzarsi con aree occupate dalle grandi ville-parco,<br />

anche suburbane, dei ceti aristocratici e borghesi, e con i ‘villini’ piccolo-borghesi (con le loro<br />

molteplici architetture, anche coeve, “di imitazione: romaniche, gotiche, rinascimentali, neoclassiche”<br />

o anche liberty) delle aree periferiche, comunque sempre di alto o buon valore residenziale;<br />

dei palazzi cittadini dei ceti borghesi che dalla residenza unifamiliare (a partire dai<br />

secoli XVII-XVIII, come nell’ampliamento meridionale della “città nuova” di Torino) si articolano<br />

a comprendere anche appartamenti per affitto e quindi per rendita, fenomeno che non di<br />

rado comporta una graduale perdità di decoro e rappresentatività degli immobili, anticipando gli<br />

edifici multipiano con accessi comuni, suddivisi verticalmente in alloggi serviti a coppie da una<br />

scala, che diventeranno le abitazioni familiari più diffuse nei quartieri costruiti nei secoli XIX-<br />

XX (Di Cristina e Donatini, 1979, pp. 160-162 e 168); o, viceversa, con l’uniforme, banale e<br />

non di rado squallido tessuto dei quartieri di casermoni e ‘case minime’ popolari o dei villaggi<br />

operai aziendali realizzati, più o meno nella stessa epoca, a stretto contatto delle manifatture e<br />

delle stazioni ferroviarie o degli scali marittimi (Piccardi, 1986, pp. 47-48).<br />

“In quanto valore nel tempo, ogni architettura (o ogni pezzo di struttura urbana come insieme<br />

di architetture) riassume in sé una realtà complessa in cui entrano in gioco: 1) la stratificazione<br />

di strutture; 2) la variazione dell’uso delle strutture; 3) gli effetti del passaggio del tempo su una<br />

struttura. In alcune città la sostanziale permanenza dell’impianto romano, originario o nella<br />

‘versione’ medievale, dà luogo a una caratteristica stratificazione degli interventi dei secoli successivi<br />

nelle strutture in elevazione (città stratosferiche). Uno dei casi maggiori è quello di<br />

Lucca” (Fanelli, 1979, p. 64).<br />

Lo stesso autore spiega con chiarezza esemplare il meccanismo di dissociazione (che è frutto<br />

dei nuovi equilibri politici principeschi od oligarchici) che minaccia la città rinascimentale –<br />

certamente solo i principali organismi urbani, pressoché quelli con funzione di capitale di stato<br />

o di grandi porti – e che allora, sostanzialmente nel XVI secolo, “riveste il ruolo e il significato<br />

degli spazi fondamentali”, a partire dalla piazza principale.<br />

In effetti, “il Rinascimento segna il passaggio da un’entità organica alla città quale manifestazione<br />

e risultato della vita comunitaria, a un’entità premeditata e programmata dove prevalgono<br />

i valori rappresentativi e simbolici del potere politico signorile: a Vigevano come a Rimini,<br />

a Mantova come specialmente a Torino, a Firenze e a Roma, si realizza tutta una serie di interventi<br />

che, nel complesso, portano ad una netta riconfigurazione della città come ‘scena del principe’<br />

o comunque del potere statale.<br />

La specializzazione delle funzioni e quindi delle diverse aree dell’organismo urbano, già avviata<br />

nel Quattrocento, si accentua nel Cinquecento e poi ancora più diffusamente nel Seicento,<br />

quando – con il trionfo del manierismo prima e del barocco poi – nuove piazze e nuovi fabbricati<br />

assumeranno “caratteri di macrostruttura”, a conferma “della funzione rappresentativa e<br />

propagandistica dell’architettura, che si accentua ulteriormente rispetto al Cinquecento”<br />

(Fanelli, 1979, p. 86). In ogni caso, nel XVI secolo, “le nuove qualificazioni tipologiche, il<br />

numero degli edifici pubblici, configurano la zona del governo e degli affari come centro direzionale,<br />

distinto dalle zone delle attività produttive. Le necessità organizzative, culturali, ricreative<br />

della corte e della società organizzata intorno alla corte portano da una parte alla ristrutturazione-reinterpretazione<br />

delle strutture esistenti (vie, piazze, settori residenziali e inserimento<br />

di elementi nuovi di arredo, come logge, statue, monumenti), dall’altra anche alla creazione di<br />

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