CONOSCERE L'AMBIENTE PER DIFENDERLO - Cesvot
CONOSCERE L'AMBIENTE PER DIFENDERLO - Cesvot
CONOSCERE L'AMBIENTE PER DIFENDERLO - Cesvot
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
tiera e nei litorali (torri, forti e ridotti); e quegli innumerevoli insediamenti urbani – ugualmente<br />
chiusi all’interno di possenti cinte murarie – che furono “creati da una singola volontà, o ispirati<br />
comunque da una determinata filosofia o scuola architettonica o urbanistica”, talmente forte<br />
da improntare durevolmente la loro configurazione.<br />
E’ il caso delle città di fondazione greca e soprattutto romana, con la loro maglia impostata su<br />
assi ortogonali. Una forma razionale che ebbe grande fortuna, tanto da essere poi ripresa (non<br />
solo nella fase della grande crescita comunale e primo-rinascimentale, fino almeno alla quattrocentesca<br />
Pienza, ma anche nei tempi moderni e contemporanei) per la costruzione o ricostruzione,<br />
dopo eventi traumatici, di città e centri minori pianificati dal potere statale o signorile<br />
e, da ultimo (con i centri otto-novecenteschi del tempo libero e della vacanza specialmente<br />
marittima), pure da quello economico e della rendita fondiaria. E, ancora, come le città di fondazione<br />
rinascimentale, allorché l’imperante filosofia platonica (“la città intesa come simbolo<br />
concreto dello stato ideale e della sua società”), la riscoperta della geometria euclidea, e l’esigenza<br />
di offrire una difesa maggiore alla nuova e temibile arma dell’artiglieria, dettarono anche<br />
nuove e più raffinate e simmetriche configurazioni poligonali o stellari, con i vertici difesi da<br />
spessi bastioni, agli organismi urbani grandi e piccoli, come ad esempio dimostrano Livorno e<br />
Palmanova, Carlentini e Grammichele, Portoferraio e Terra del Sole (Piccardi, 1986, pp. 63-64<br />
e 74-75).<br />
A tali modelli aulici si possono, in qualche modo, accostare le cittadine e i villaggi di colonizzazione<br />
baronale (Leonforte, Sperlinga, Montemaggiore, Alia, Alimena, Vallelunga, Aliminusa,<br />
Valledolmo, Ogliastro, Villafrate, Altavilla, Ventimiglia, ecc.), edificati in gran copia, in Sicilia,<br />
tra Cinque e Settecento – con conformazioni urbanistiche che, non di rado, richiamano quelle<br />
regolari della pianificazione tardo-medievale e rinascimentale –, per popolare o ripopolare i<br />
grandi latifondi cerealicolo-pastorali, mediante il trapianto di migliaia di contadini strappati da<br />
villaggi o città preesistenti (Aymard, 1985; Davies, 1985; e Dufour, 1985).<br />
In ogni epoca – a partire da quella antica – è dunque ovunque visibile il ruolo affidato dal potere<br />
all’urbanistica e specialmente all’architettura, nella strategia della ricerca del consenso sociale<br />
e più in generale del rafforzamento (anche sul piano militare) del sistema politico.<br />
Così, “le opere architettoniche e gli interventi urbanistici nelle città italiane durante il periodo<br />
napoleonico rivelano chiaramente la prevalenza di scopi celebrativi (archi di trionfo come<br />
l’Arco della Pace a Milano, grandi monumenti, piazze per parate, ecc.) o di rappresentanza<br />
(centri alternativi di quelli tradizionali, religiosi)”.<br />
Così, gli sventramenti urbanistici dei vecchi e consolidati centri urbani effettuati tra la seconda<br />
metà del XIX secolo e la seconda guerra mondiale, sia dai governi liberali e sia specialmente<br />
da quello fascista (in entrambi i periodi a Roma e Firenze, Torino e Napoli, e successivamente<br />
a Milano, Padova, Siena e Napoli e in altri centri ancora) (Fanelli, 1979, pp. 90 e 92), con apertura<br />
di grandi piazze ed ampi viali, assumono un significato preciso ed inequivocabile: che è<br />
quello di creare assi di scorrimento e ampliamenti, cioè nuovi tessuti abitativi e produttivi<br />
(essenzialmente servizi terziari avanzati, come sedi di banche, assicurazioni, imprese finanziarie<br />
e commerciali e negozi, oppure altre sedi istituzionali come municipi, palazzi di giustizia,<br />
mercati, musei, gallerie e monumenti celebrativi): operazioni massive realizzate non tanto per i<br />
conclamati fini igienici e sociali (il reclamato ‘risanamento’ di quartieri oggettivamente degradati),<br />
bensì per motivi essenzialmente politico-militari ed economico-speculativi insieme. Si<br />
trattava, infatti, di impedire la minaccia delle rivolte del proletariato cittadino (attivate da ideologie<br />
rivoluzionarie come quelle anarchiche e socialiste), nell’intrico difficilmente controllabile<br />
dei tessuti edilizi medievali; e, contemporaneamente, di aprire agli usi residenziali ed economici<br />
della borghesia (previa espulsione dei ceti più poveri in nuovi edifici popolari in corso di<br />
costruzione nelle emarginate periferie urbane) i palazzi e gli uffici o esercizi commerciali che<br />
56