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SUONO n° 481

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Orchestra e democrazia<br />

I musicisti della Turkish Youth Philharmonic Orchestra sono esemplari della generazione 2000,<br />

che percorre e respira le strade del mondo, vive le sue diversità, non ne ha paura.<br />

La Turkish Youth Philharmonic Orchestra, fondazione indipendente<br />

creata nel 2007 a Istanbul dal direttore Cem<br />

Mansur, è composta di un centinaio di musicisti (e sempre<br />

più ragazze) fra i 16 e i 22 anni. La loro casa è la Turchia e l’Europa.<br />

Sono sciolti, sorridenti, “veri”, vestono i colori dei giovani del mondo,<br />

e scialli scarpe da ginnastica jeans perline minigonne pantaloni zainetti<br />

gonne lunghe. Parlano guardandoti diritto in faccia, a proprio<br />

agio nei templi della grande musica come nei mercatini delle località<br />

di cui sono ospiti e nei ricevimenti che varie ambasciate turche<br />

(com’è stato a Roma) offrono in occasione dei loro debutti. Suonano<br />

in festival, teatri, sale da concerto, sovente accompagnando nomi<br />

celebri quali Salvatore Accardo, Murray Perahia, Natalia Gutman;<br />

nella tournée più recente (in programma l’ouverture dal Guglielmo<br />

Tell di Rossini, la Sinfonia n. 1 di Brahms, il Concerto per violino<br />

e orchestra di Beethoven) c’era il violinista e direttore d'orchestra<br />

israeliano Shlomo Mintz.<br />

“Il funzionamento di un’orchestra richiama il paradigma della<br />

democrazia” racconta Cem Mansur, “perché esige la coesistenza, anzi<br />

il fertile interagire, di suoni diversi, in apparenza estranei, ma che<br />

possono anzi debbono integrarsi fra loro. Una dinamica essenziale<br />

soprattutto nella nostra epoca che è, e sempre più tende a essere,<br />

naturalmente e vorticosamente plurale. In orchestra e in democrazia<br />

devi imparare ad ascoltare con attenzione, a rispettare te stesso e i<br />

tuoi compagni, a essere responsabile, a riconoscere una guida. Negli<br />

ultimi decenni poi, la relazione tra direttore e musicisti è diventata<br />

molto simile a quella fra un leader e il suo gruppo: nel senso che non<br />

esistono più i ‘dittatori’ tipo Toscanini. O almeno non dovrebbero”.<br />

Ma il rapporto tra Orchestra-Democrazia non si limita a pur fondamentali<br />

similitudini di funzionamento. Da sempre Mansur organizza<br />

corsi, seminari e laboratori che richiamano le potenzialità sociali della<br />

musica e ammoniscono ad abbattere steccati. Esemplari il titolo La<br />

libertà suona bene per una serie di incontri, e il progetto “La musica che<br />

unisce”, al cui interno è sorta la Turkish Armenian Youth Orchestra.<br />

Nato a Istanbul nel 1957, Cem Mansur ha studiato musica a Londra<br />

e a Los Angeles con Leonard Bernstein; è stato per alcuni anni direttore<br />

della Istanbul State Opera, ha diretto orchestre (non soltanto) di<br />

tutt’Europa impegnate in concerti sinfonici e opere liriche. La Turkish<br />

Youth Philharmonic Orchestra<br />

in anno, acquisendo i migliori diplomati nei tredici Conservatori del<br />

Paese) si è esibita in sedi prestigiose fra cui il Konzerthaus di Vienna<br />

e Santa Cecilia di Roma, è stata invitata alla Brucknerfest di Linz, ha<br />

tenuto concerti a L’Aia e Amsterdam in occasione dei quattro secoli<br />

di relazioni diplomatiche tra i Paesi Bassi e la Turchia.<br />

“Purtroppo, in Turchia come altrove” prosegue il Maestro, “la musica<br />

classica sovente viene tuttora percepita quale scelta elitaria. La sua<br />

cifra, invece, sta proprio nell’essere universale, chiunque la suoni può<br />

sentirla propria; per questo dobbiamo impegnarci al massimo nel<br />

diffonderla, nel cercare di condividerla. Ogni musica è, evidentemente,<br />

espressione della civiltà dove viene creata; questa è sorta nei luoghi<br />

<br />

musica della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Sono<br />

questi i valori in cui noi crediamo, e che proponiamo”.<br />

Che poi gli osservanti religiosi non soltanto musulmani vedano con<br />

<br />

Turkish Youth Philharmonic Orchestra non ha avuto particolari<br />

problemi. “Soltanto una volta, tempo fa, durante un concerto<br />

nel primo cortile di Topkapi” ricorda Mansur “avendo previsto un<br />

minimo di rinfresco durante l’intervallo, un giornale conservatore si<br />

indignò perché mai si sarebbe dovuto pensare di poter bere vino ‘nel<br />

sacro luogo da cui partivano gli Ottomani con la spada del Profeta’.<br />

<br />

Ornella Rota<br />

<strong>SUONO</strong> novembre 2013 119

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