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aveva perso il pullman, e che avevi caricato allafermata del 35? Te lo ricordi?”Quando mi fece quella domanda, ecco: micagai sul serio addosso. Era successo molti anniprima, facevo l’università. Una mattina ero fermoin coda di fronte alla fermata del 35, e un signore–– avrà avuto quarant’anni –– mi aveva bussato alfinestrino chiedendomi un passaggio perché altrimentiavrebbe fatto tardi in fabbrica. L’avevofatto salire, era sceso un chilometro più avanti,ringraziandomi e senza dirmi come si chiamasse:anche perché non glielo chiesi. Avevamo parlatodei mezzi pubblici e del fatto che non era la primavolta che era stato obbligato a chiedere unostrappo, perché non poteva fare tardi in fabbricae il 35 tardava sempre. Quando mi aveva ringraziatoed era sceso, ricordo distintamente che sapevoche probabilmente non l’avrei più rivisto, enon so il perché mi dispiacque anche un po’.“Come fai a saperlo?” gli chiesi.“Non devi aver paura,” e mi chiamò per nome.“Ok, ma queste sono cose che non ho raccontatoa nessuno.”“Avevi paura, quella mattina? Anche se nonsapevi il suo nome?”“No,” risposi.“Bene! Allora puoi star tranquillo!” disse, allegro,poi riprese a parlare, “allora, vuoi sentire laprima storia? È vera, sai?”

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