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quindi ti ho tenuto ben nascosto tra i miei abiti.Poco dopo che è nata Isotta, il dottor Martini èentrato nella mia stanza. Aveva indosso la vestagliada notte, solo quella. Mi ha chiesto di sfilarmi lagonna, le calze e le mutandine. Mi ha preso in unastrana alternanza di rabbia e pacatezza. Avrei volutoscappare via.Pensavo a Piero. E a Piero. E a Piero. Pensavo acome mi amava, come se volesse farmi tutta sua, ognicentimetro della mia pelle. Il dottor Martini non miha neanche guardata. Ha provato a baciarmi ma io hoserrato le labbra e lui si è subito scostato. Ho sentitouna grande pena. Il mio cuore sembrava spezzarsi.Può spezzarsi un cuore, Diario? Sotto sentivo strillarela piccola Isotta ma non potevo chiedergli che mi lasciasseandare a vedere cosa aveva, perché è la balia aoccuparsene.Ho pianto a dirotto per tutta la notte. Non riuscivoa fermarmi, come quando avevo visto Ottiliamorta sotto le macerie del suo palazzo. Avevo riconosciutoil suo abito a fiori. Il tessuto l’avevamo compratoassieme un anno prima al mercato con le nostremamme, per il compleanno dei nostri tredici anni.Non vedevo il resto del corpo, sepolto dalle macerie.Cercai di tirarla fuori, ma il tessuto si strappava nellemie mani. Un pezzettino di quella stoffa, Diario, ènascosta tra le tue pagine. Ora sai da dove viene. Sivede una macchia viola, era la corolla di una violetta.Eravamo bambine, i fiori li raccoglievamo e li mettevamodietro le orecchie. Gli stessi fiori dell’abito, per

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