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dover cadere da un momento all’altro, decido difare una sosta. Anche io devo dare la stessa impressioneal gestore del locale che, non appena mi vede,mi offre una sedia.“Grazie. Un caffè e un saccottino al cioccolato,”dico io.Lui mi accontenta immediatamente e cerca diattaccare bottone, ma io non ho proprio voglia diparlare, così bevo tutto d’un fiato il mio caffè, avvolgola mia brioche in un tovagliolino e mi avvio apagare alla cassa. Faccio per andarmene quando mifermo e gli domando: “Avete camere libere?”.“Tutte quelle che vuole, signora,” mi rispondelui, con un sorriso sdentato.Accompagnata al piano di sopra, dopo aver rifiutatol’offerta di aiuto per portare i bagagli, di cui,al momento, sono evidentemente sprovvista, vengoinvestita immediatamente da un forte odore dichiuso. Scosto le tende, da cui si alza una nuvola dipolvere, e spalanco la finestra su una vista desolatae chiassosa. Entro nel bagno e penso che anche lasignora delle pulizie fosse nel suo momento faccioquello che voglio senza doverlo spiegare a nessuno,quando ha pulito qui dentro. Esausta, mi butto finalmentesul letto, in cui mi risveglio nel tardo pomeriggio.Mi ritrovo raggomitolata sul copriletto,mi sono addormentata dimenticandomi di chiuderele imposte, così non so più se i miei starnuti sianodovuti alla polvere o al freddo preso. Vorrei tantofarmi una doccia calda ma mi rendo conto che non

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