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Guido Morpurgo-Tagliabue e l'estetica del Settecento - SIE - Società ...

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e l’estetica idealista italiana ma tutto il Romanticismo e il post-romanticismoper tornare al <strong>Settecento</strong> come luogo di fondazione <strong>del</strong>l’Esteticamoderna – e proprio perciò come luogo da cui oggi ripartire.Una volta detto questo, si può poi – e anzi si deve – riconoscere ilimiti dei saggi di <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>. I quali non costituiscono certouna storia <strong>del</strong>l’estetica britannica settecentesca (semmai, ne sono soloun torso), anzi non ne forniscono nemmeno un’interpretazione complessivaparagonabile a quella che ne aveva fornito Rossi. E ciò nontanto per la loro angolatura (programmaticamente) ristretta, centratasulla questione <strong>del</strong> “giudizio di gusto”, quanto perché non completoè il quadro che essi presuppongono e all’interno <strong>del</strong> quale si muovono.Qui <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> paga un debito forse non drammaticoma certo non indifferente all’antologia di Rossi (che rimane il suo “librodi testo”). In quell’antologia, infatti, l’arco <strong>del</strong>l’estetica empiristicasi esaurisce con Burke; dopo il quale, a parte le “anomalie” di Hogarthe Reynolds, non c’è più nulla: né Reid né Alison né alcun esponente<strong>del</strong>l’estetica associazionistica post-humiana: ci sono solo epigoni,a rappresentare i quali basta il “postumo” Stewart. Ora, gli autori dicui <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> si occupa sono precisamente quelli <strong>del</strong> canonedi Rossi: in primo piano Addison, Hume e Burke (con Gerard dirincalzo), in secondo piano Shaftesbury e addirittura dietro le quinte(come non era stato invece nell’antologia di Rossi) Hutcheson; comeper Rossi, anche per <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> Burke è il punto d’arrivo –dopo il quale la mano passa a Kant. Certo, i giudizi sui singoli autorinon sono i medesimi e potrebbe essere interessante confrontarli insede di storia <strong>del</strong>la critica (valga per tutti il caso di Shaftesbury, ricondottoalla “linea” empirista da Rossi ed escluso invece da <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> – che lo liquida in poche pagine nell’anno stesso in cui LiaFormigari gli dedicava, invece, i tre capitoli iniziali <strong>del</strong> suo libro L’estetica<strong>del</strong> gusto nel <strong>Settecento</strong> inglese 12 ). Ma al di là di questo rimane ilfatto che il cast of characters stilato da Rossi non cambia in <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>: possono cambiare le “parti” recitate dai singoli protagonisti(è il caso per es. di Hume), non i protagonisti stessi. D’altra parte,però, va anche riconosciuto che, pur nel suo taglio oggi superato (intendendocon “taglio” la selezione <strong>del</strong> materiale ancor prima che lasua interpretazione), l’antologia di Rossi forniva a <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>un ingente materiale che egli sfrutta assai meglio di quanto avevanofatto coloro che prima di lui si erano occupati <strong>del</strong>lo stesso argomento.Sicché mi pare difficilmente contestabile la conclusione che, neiquasi vent’anni che separano l’antologia di Rossi dai saggi di <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>,nessun lavoro italiano – nemmeno quelli, contemporanei,di Luciano Anceschi 13 – può competere con essi per acutezza dianalisi e originalità di risultati (anche se non per felicità espositiva –che non fu mai una qualità di <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>!).19

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