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Guido Morpurgo-Tagliabue e l'estetica del Settecento - SIE - Società ...

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mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> significare segnico in una sua specie, quella linguistica»giungendo a <strong>del</strong>ineare «una Semiotica madre <strong>del</strong>la Semantica», <strong>Morpurgo</strong>afferma perentoriamente: «seguiremo il corso inverso: dai significatiai segni» (cfr. Ambiguità e semiosi, p. 458). E in ciò egli rivelauna inattesa prossimità a Vico, in cui in uno dei suoi ultimi saggi <strong>Morpurgo</strong>riconosce un referente essenziale per quel che concerne il principiosecondo il quale i segni emergono dal senso in modo imprevedibile(storico) ma non meramente arbitrario – principio rispetto al qualeil giudizio «individuale» estetico-critico svolge una sorta di compitomaieutico. A Vico infatti egli ricorre per avvalorare la confutazione<strong>del</strong>la concezione «aristotelica» <strong>del</strong>la mera convenzionalità <strong>del</strong> segno,poiché sarebbe Vico a sancire come siano «differenti, ma a rigore sistematichee non arbitrarie nei loro rapporti, le cose, le idee, le parole»(ivi, p. 461).9. È questa intensione ed estensione <strong>del</strong> problema <strong>del</strong> senso inquanto problema per l’estetica che <strong>Morpurgo</strong> ancora oggi sottoponealla nostra attenzione, a partire da un riconoscimento <strong>del</strong>la unitarietàe <strong>del</strong>la complementarità di gusto e giudizio che sfocia nella valorizzazione<strong>del</strong>la espressività primaria <strong>del</strong>l’esperienza. Può essere interessantenotare come il percorso appena indicato risulti a dir poco prossimoa quello che compie Goethe sfruttando il tema <strong>del</strong>la ambivalente Anmutung.Se per Goethe significativo e pregnante è quel discorso ingrado di esprimere la reciproca attrazione tra soggettualità e oggettualità(es mutet mich an und ich mute es an) di cui vive l’evento rilevante,per <strong>Morpurgo</strong> «l’atto <strong>del</strong> gusto era un accettare l’oggetto, un afferrarloin sintesi, o che è lo stesso, un esserne afferrati», e correlativamente«il giudizio critico è un indagarlo analizzandolo, un comprenderlo»,sicché «possiamo dire che esso sviluppa analiticamente quellasemplice operazione ostensiva che è il minimo comun denominatore<strong>del</strong> gusto». E solo e proprio per questo anche il giudizio pseudo-predicativoche campeggia al centro <strong>del</strong>la teoresi estetica di <strong>Morpurgo</strong>,nella sua riflessività critica, goethianamente «ritorna ad essere, come ilgusto, un aderire all’oggetto» (Fenomenologia <strong>del</strong> giudizio critico, p.48).Opere di <strong>Guido</strong> <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> citate:Il concetto <strong>del</strong>lo stile, Milano 1951.Gusto e Giudizio (1962), ora come “Postilla” in Il Gusto nell’estetica <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong>, pp.213-42.Fenomenologia <strong>del</strong> giudizio critico, “Rivista di Estetica”, 1963/I, pp. 22-60.Ambiguità e semiosi, “Filosofia”, 1993/III, pp. 457-480.Il Gusto nell’estetica <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong>, a cura di L. Russo e G. Sertoli, Palermo 2002.73

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