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Guido Morpurgo-Tagliabue e l'estetica del Settecento - SIE - Società ...

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espresso dall’effetto. Da un lato, tale strato sembra reperibile solo aposteriori, essendo per nulla definibile prima che si realizzi una figurad’effetto anche grazie all’orientamento cui presiedono le scelte <strong>del</strong> gusto.Dall’altro, la sua articolazione appare ineludibile, e dunque essopossiede un carattere vincolante che si avvicina alla obbligatorietà apodittica,fino ad assumere una sorta di forza analitica che tende a escludereesiti ed effetti alternativi. Si compone in tal modo anche all’interno<strong>del</strong>la teoresi estetica di <strong>Morpurgo</strong> quella paradossale entità <strong>del</strong>l’“analiticoa posteriori” che non sorprende chi si muove nei dintorni<strong>del</strong>la fenomenologia (andando da Stumpf a Paci, per indicare unospettro di posizioni che sia il più ampio possibile) e che caratterizzadinamiche di costituzione materiale passiva parzialmente note addiritturaal Kant <strong>del</strong>la terza Critica. E credo che in tale luogo stia il baricentro<strong>del</strong>lo scandaglio storiografico (attraverso la nozione di gusto) eteoretico (attraverso la nozione di giudizio) effettuato da <strong>Morpurgo</strong> perquel che concerne la fruizione estetica. Si legge quindi in Gusto e Giudizioche «è il risultato <strong>del</strong> gusto che guida la ricerca di un principiodi giudizio», poiché il criterio <strong>del</strong> gusto, la «categoria <strong>del</strong> preferibile»,«non può che risultare a posteriori» (ivi, p. 223) ed «è ciò che è statoapprezzato e preferito che determina quel che si deve apprezzare epreferire» (ivi, p. 221): «l’oggetto <strong>del</strong> gusto è preferibile e adeguatoperché scelto, non è scelto perché adeguato e preferibile» (ivi, p. 223).Non altrove sta il motivo <strong>del</strong>la paradigmaticità <strong>del</strong>l’oggetto artistico e<strong>del</strong>la corrispondente individualità <strong>del</strong> giudizio critico: «in questo casogusto e giudizio, due procedimenti eterogenei, uno intuitivo e l’altroriflessivo, l’uno ostensivo e l’altro classificatorio, hanno in comune unpunto in cui si congiungono il cogliere il risultato individuale <strong>del</strong>l’artee il farne, l’uno il motivo di una scelta, l’altro il criterio <strong>del</strong> giudiziosu una scelta. La regola, o finalità <strong>del</strong>la scelta di un’opera d’arte,è l’opera d’arte stessa» (ivi, p. 231).7. Se si considera il giudizio critico e, più in generale, l’esperienzaestetica dal punto di vista <strong>del</strong>la speculazione formale ispirata al canone<strong>del</strong>la purezza <strong>del</strong>la ragione, appare arduo cogliere il potenziale teoretico<strong>del</strong>l’intreccio tra idee e gesti, tra conoscenza e azione e tra noesise aisthesis di cui vive l’ambito materiale tematizzato dalla tradizione dipensiero di cui anche <strong>Morpurgo</strong> è erede. E, d’altro canto, solo a pattodi seguire <strong>Morpurgo</strong> su questo terreno risultano chiare le parole concui egli conclude il passaggio di Gusto e Giudizio su giudizi determinantie giudizi riflettenti, laddove si precisano i caratteri dei principiregolativi dei giudizi critici, che interessano «non la natura ma lo status<strong>del</strong>l’oggetto rispetto al soggetto, il suo richiedere una certa rispostapreferenziale, il suo rapporto con il nostro comportamento». Prosegue<strong>Morpurgo</strong>: «il valore che si attribuisce a un oggetto qui è la capacità71

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