Un marziano in esteticadi Luigi RussoChi ha conosciuto <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> sicuramente lo ricorda comeuna persona molto fine, molto sensibile, arguta e spiritosa, ancheuna sorta d’esempio antropologico, pensando a come ha gestito in manieradisinvolta, addirittura simpatica il deficit che subì alle corde vocali.Diciamo sommariamente – per chi non lo ha conosciuto – che fuuomo di sensibilità e signorilità d’altri tempi. Quello che invece direttamenteci riguarda è però capire le modalità con le quali siffatte qualitàabbiano alimentato, in apparenza in modo contraddittorio, la suapersonalità di studioso. Non è facile capirlo, e io – e non oggi ma finda quando ci siamo conosciuti oltre trent’anni fa – mi ci sono impegnatotante volte senza successo. Finché ho trovato la formula che viho proposto in quest’occasione, che mi sembra calzante, anche se sulleprime può suonare un po’ strana: <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> era uno scienziatomarziano sceso a studiare il pianeta Terra.È a partire da quest’alienità che, secondo me, si arriva a comprendereil suo sovrano distacco dinanzi ad eventi, persone, fatti di studio,dinamiche scientifiche, rapporti accademici. Non era, insomma, unuomo insensibile e indifferente al vivere civile, un essere alienato dallerealtà <strong>del</strong> mondo e dai codici comuni di comportamento, non era, percosì dire dis-umano, possedeva invece una differente natura: era unalieno capitato sulla Terra. Per fortuna, nostra oltre che sua, aveva unagrande simpatia per il popolo che aveva scelto di studiare e presso cuiaveva preso a vivere, e riuscì ad appartenere a questo popolo, a decifrarnele formæ mentis con un mimetismo assoluto, per cui venivascambiato per un terrestre.Entrai in contatto con <strong>Morpurgo</strong> giovanissimo, con i primi articolettiche, come usa, si mandano agli studiosi autorevoli – siamo nellaseconda metà degli anni Sessanta – e lui rispose gentilmente, comeusa, con le solite due righe d’apprezzamento e d’augurio. Poi lo incontraiinopinatamente alla fine di quel decennio, e scoprii appunto l’alieno.Ci trovammo accomunati in una strana operazione politico-accademico-concorsuale,un convegno d’estetica <strong>del</strong>lo spettacolo messo su inmaniera improvvisata da un Maggiorente per fini di bassa cucina accademicae <strong>Morpurgo</strong> era stato, chiaramente, invitato a fini d’adozione7
concorsuale. Parlò il Maggiorente, poi l’aspirante baronetto, e infineintervenne <strong>Morpurgo</strong>. Per cantare imperturbabile al Maggiorente, inpoche secchissime battute, che il tema <strong>del</strong> convegno non stava né incielo né in terra e che il rampante avrebbe fatto bene a mettersi a studiareprima di parlare. Una bomba: immaginatevi l’effetto... Capii giàallora le ragioni <strong>del</strong>la sua non popolarità all’interno <strong>del</strong>la corporazioneaccademica.Ma posseggo tanti altri ricordi consimili. Per esempio, molti annidopo, un altro convegno in cui si presentavano le forze nuove <strong>del</strong>l’esteticaitaliana. Alla discussione sulle relazioni <strong>Morpurgo</strong> prese la parolae sparò a zero sui sedicenti “nuovi” estetologi, imperturbabile, facendomorti e feriti sul campo, col suo tono martellante ma non polemico:non era cattivo, era proprio un puro cervello pensante, un osservatorespassionato, che dall’esterno, dal pianeta Marte osservava condisincanto gli strani movimenti degli abitanti <strong>del</strong>la Terra.Fatto sta che la prima volta che lo invitai a Palermo – agli inizi<strong>del</strong>le attività <strong>del</strong> nostro Centro, sorto nel 1980, di cui fu socio onorarioe presenza costante – ricordo che mi si chiese con malcelata irritazioneperché lo avessi invitato: era persona non gradita. Era facile pensare– e all’inizio l’ho pensato anch’io – che alla radice <strong>del</strong>la sua impopolaritànella corporazione estetologica ci fosse una ragione semplicemente,diciamo, “caratteriale”; ma via via ho maturato la convinzioneche le cose non stiano solamente così, o per meglio dire che le sueanomale manifestazioni d’interazione personale in realtà fossero conseguenza,e fossero comunque in relazione, al suo modo singolared’essere studioso d’estetica, ossia <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo estetologico da lui vissuto.Mo<strong>del</strong>lo che a partire dagli anni Cinquanta, quando lui entrò nell’agonescientifico, non poteva non essere profondamente dissonantecol background <strong>del</strong>la cultura estetologica italiana. E dunque, potremmodire: ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connectio rerum.Toccherò fra poco questo, che è il punto centrale. Voglio primaannotare qualche altro dato che contribuisca all’intelligenza <strong>del</strong> personaggio.Anzitutto l’indifferenza di <strong>Morpurgo</strong>. Indifferenza verso le dimensioninon noetiche <strong>del</strong> reale; ma, si badi, indifferenza anche versodi sé, a cominciare dai suoi stessi scritti. <strong>Morpurgo</strong> era studioso dilucidità assoluta: implacabile nell’argomentare, perentorio nell’affermare,mai banale, mai superficiale. Eppure tanto, per dirla con Jelmslev,era impegnato nel fissare la “sostanza <strong>del</strong> contenuto”, tanto si disinteressava<strong>del</strong>la “forma <strong>del</strong>l’espressione” e <strong>del</strong> destino <strong>del</strong>la comunicazione.Era estensore impaziente, disordinato, anche ripetitivo; trattavacon fastidio la stesura <strong>del</strong>le note; e per dirla fino in fondo: era un disastrocome correttore di bozze. Di tutto ciò i suoi testi talvolta nerisentono. Ma penso soprattutto al destino di tanti di questi suoi testi:orfani abbandonati a se stessi. Non poneva nessuna cura – e lo confes-8
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