mento che quest’ultima implica un universo in funzione <strong>del</strong>le sue apparenze,che in tal modo hanno perduto ogni criterio di unità: il risultatoè un universo che è diventato soltanto spettacolo. Nello stessotempo l’estetico va distinto dall’artistico, appunto perché “consumazione”anche di ciò che l’artista gli offre. Se la rappresentazione esteticaè volta all’unità e alla simmetria, una tale integralità unitaria o bellezzasi presenta nella lettura di un romanzo, di un quadro, o di un trattatoscientifico: «Ciò significa che l’esteticità appartiene alla struttura<strong>del</strong>l’esperienza, di ogni esperienza» 22 . In definitiva, <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>accetta l’identità di estetico e linguistico, non perché ogni linguaggiosia estetico, ma perché l’esteticità si manifesta sempre come uncerto linguaggio: solo dove c’è linguaggio, troviamo valore o disvaloreestetico.In particolare, secondo <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>, se fino a oggi il criteriodi verità o di valore in sede estetica era stato quello di «conformitàa una regola», oggi invece il valore di un’opera d’arte viene pensatocome il suo costituire una regola. Ed è proprio l’arte contemporaneaa non porsi più come la realizzazione di un mo<strong>del</strong>lo reale o ideale,al modo classicistico, e nemmeno come espressione oggettiva di uncontenuto soggettivo, al modo romantico: l’opera d’arte oggi si ponecome «paradigma o schema di gusto» 23 . Per questo, afferma <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>,se l’attività artistica è sempre stata «prescrittiva <strong>del</strong> gusto»,solo quella odierna lo è «intenzionalmente e si esibisce cometale» 24 . Questo significa allora che solo le opere d’arte di oggi esibisconoin modo esemplare la loro intransitività, la loro autonomia daogni riferimento esterno, la loro autoreferenzialità; non si danno comeforme già formate, ma come forme che si formano sempre e di nuovo,in relazione a un contenuto che è a loro interno e che rappresentanoin modo sempre diverso, senza che nessuna rappresentazione sia maidefinitiva.Nel saggio Expérience, Art, Philosophie (1964), <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>afferma che l’arte oggi non ha niente a che fare con la verità, nécon la perfezione. La difficoltà <strong>del</strong>l’estetica moderna si riduce a unaquestione: come mettere insieme, senza contraddizione, due aspettiche i teorici hanno sempre riconosciuto propri <strong>del</strong>l’oggetto estetico:l’evidenza, ossia la presenza viva <strong>del</strong>le cose sotto i nostri occhi, e l’universalità.Non si possono infatti considerare i personaggi letterari, imonumenti <strong>del</strong>l’architettura, le scene di quadri, ecc., come individui,dal momento che essi sono dotati di uno spessore semantico, di unaricchezza concettuale, che è sconosciuta alla rappresentazione ordinaria;un messaggio poetico è dotato di un significato ben più ricco diun qualunque discorso comune. In particolare, è l’intransitività <strong>del</strong>l’espressioneartistica a produrre la ricchezza semantica <strong>del</strong> messaggio25 . Non a caso, se nel discorso comune tutti i segni sono transitivi,78
dal momento che si risolvono in una «referenza classificatoria» 26 , invecenella rappresentazione estetica tutto concorre a comporre una totalità.Allo stesso modo, tutto è essenziale in un’immagine artistica,giacché tutto è presente e niente è transitivo; l’intransitività dei segniproduce la pienezza dei significati, ed è proprio per questa pienezzache il linguaggio artistico si riferisce, dal suo stesso interno, a essenze,a fatti possibili, non a fatti o cose reali. Un tale linguaggio è talmenteperfetto e completo, che rende possibile «la costituzione <strong>del</strong>l’oggettoin individuo» 27 .Nella nostra esperienza ordinaria un “individuo” esiste sempre inquanto parte di un tutto ed è condizionato da tale totalità in modoimprevedibile; queste imprevedibilità costituisce ciò che esso ha di accidentale,ossia la sua contingenza. Un tale individuo presenta aspetticontingenti e aspetti necessari. Nel suo appartenere a una classe infatti,esso è contingente, nel senso che avrebbe potuto essere differenteda come è; ma è insieme necessario, giacché presenta tratti pertinenti,e in quanto tali necessari, grazie ai quali esso è appunto riconducibilea una determinata classe. Un “individuo” artistico invece non presentaalcuna distinzione tra l’universale e il particolare, il necessario eil contingente: non è un elemento di una classe, ma è esso stesso unaclasse, una classe a un solo elemento. Così, se una fotografia ci dà l’immaginedi un individuo qual è, ma che poteva essere differente, inveceun ritratto non ha nulla di contingente, giacché in esso tutto è necessario:un ritratto non è un esemplare di una classe, ma è esso stessouna classe, un paradigma. Questo vuol dire che in un’opera d’arte l’oggettoè trasposto su un piano differente dall’ordinario e, in quanto tale,non ha nulla a che vedere con un’esperienza esistenziale. L’oggettoartistico non è dunque la riproduzione di un fatto, ma la produzionedi un mondo possibile. Proprio perché un’opera d’arte non ci comunicaun fatto, ma apre una possibilità, essa non implica alcun criterioesterno che possa definirla e valutarla: il criterio è interno all’operastessa, in quanto questa costituisce la sua propria regola 28 .Un’altra tesi, sostenuta da <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> come conseguenzadi quanto finora detto, è la connessione tra giudizio estetico e giudizioetico. Si tratta di una tesi già affermata da Wittgenstein nel Tractatus:«Etica ed estetica sono tutt’uno». Ciò si spiega con il fatto cheentrambi questi giudizi non si riferiscono a fatti <strong>del</strong> mondo, dunque afatti contingenti, ma si presentano come giudizi necessari, dal momentoche si collocano fuori dal mondo e dal linguaggio, che sono contingenti.In particolare <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> sostiene che è l’ammirazioneil principio <strong>del</strong> giudizio morale non meno che di quello estetico: «Siammira un paradigma, che si tratti di un eroe o di un capolavoro» 29 .I temi fin qui trattati trovano una loro connessione e un loro approfondimentonell’importante saggio Gusto e giudizio (1962). Secon-79
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