de quella stagione determinata, dal Rinascimento europeo in avanti,dalla crisi degli endoxa; con l’Illuminismo, con l’estetica <strong>del</strong> gusto, «facoltà<strong>del</strong>l’uomo in generale» 11 , si effettua, se così vogliamo dire, ilpassaggio dal pensiero topico a quello utopico; con ciò uscirebberodefinitivamente di scena quelle connessioni determinate dalla retoricache per l’ultima volta nel Seicento sarebbero chiamate a svolgere unruolo strutturale forte per il pensiero europeo: appunto l’aristotelismobarocco come stagione estrema, come “pagina che si chiude” nellastoria europea. Crediamo, al contrario, che proprio nel giro di autorie di questioni poste al centro <strong>del</strong>l’indagine storiografica di <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> si trovino spunti interessanti che permettono di verificare ilruolo che la retorica svolge nella costituzione <strong>del</strong> sistema <strong>del</strong>l’estetica.Partirei da una osservazione di <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> su Muratori:«Nel formulare il concetto di gusto riducendolo a giudizio vi è […]almeno un momento in cui il Muratori ha un sospetto <strong>del</strong>la gravità<strong>del</strong>la questione e intravede anche, se non una soluzione, almenol’apertura <strong>del</strong> problema in una direzione originale. Proprietà <strong>del</strong> giudizioè di applicare norme generali a casi individuali secondo le circostanze,e perciò trovare le norme adatte» 12 . Siamo, palesemente, difronte a un problema centrale, non solo per l’estetica <strong>del</strong> <strong>Settecento</strong> –poco dopo non a caso <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> rinvia a quegli snodi fra laterza Critica e l’uso regolativo dei concetti nella Critica <strong>del</strong>la ragionpura, questioni che quantomeno da Scaravelli in avanti, e soprattuttocon Garroni, leggiamo proprio in questa direzione – ma anche per lestesse dinamiche teoriche che interessano a <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>, i bilanciamenti,appunto, fra gusto e giudizio, la cui esplicita tematizzazione(si tratta di un saggio <strong>del</strong> 1962) molto opportunamente è ripropostanell’appendice al volume ricordato in apertura.Ciò detto, all’urgenza <strong>del</strong> tema non corrisponde in Muratori unateorizzazione adeguata, e <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> mostra come in sostanzaMuratori non esca dai limiti di un’impostazione tradizionale, di stampoprecettistico, che gravita sul concetto di “convenevole”: «“Convenevole”è che si usino immagini magnifiche per argomenti eroici, e immaginisemplici per argomenti umili, ecc. Ma questo convenevole nonè già più un principio, è una regola retorica» 13 . Con ciò, appunto, ilproblema verrebbe eliminato, piuttosto che risolto, nel momento stessoin cui viene posto. Qui senz’altro si manifesta la fondatezza <strong>del</strong> discorsodi <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>, il “ritardo” <strong>del</strong>la riflessione italiana rispettoai problemi agitati in quegli anni in Europa; basterebbe pensare allapresenza di questo stesso tema in un autore come Christian Wolff, asua volta solitamente accusato di costituire una sorta di retroguardiarispetto al pensiero leibniziano, ma in effetti portatore di alcune istanzedecisive. E vediamo infatti che nella teorizzazione <strong>del</strong>l’analogon rationis,e in modo più preciso nel considerare i nessi fra l’esperienza “em-49
pirica” e l’attesa di casi simili, Wolff giunge a mettere in questione ilrapporto fra generale e particolare nel campo <strong>del</strong>le verità contingenti.Giudicare, secondo il dettato <strong>del</strong>la Psychologia empirica 14 , «quid fieridebeat in casu singulari dato» (§ 501) significa infatti attribuire sottodeterminate condizioni un certo predicato (che si dirà ipotetico) a uncerto individuo, riportando quest’ultimo alla specie cui appartiene (§361). E ciò appunto, nello specifico, non è possibile se non si conoscegià un caso simile. Conoscere è infatti possibile a priori, per via diragionamento, oppure a posteriori, per via d’esperienza. In mancanzaperò di scienze che forniscano «la teoria degli avvenimenti più usuali»(ancora § 501) non rimane che giudicare sulla base <strong>del</strong>l’esperienza,a posteriori. Se io (per riprendere un altro esempio wolffiano, Psychologiaempirica § 361) so che in autunno cadono le foglie, mi aspettoche, essendo autunno, questa foglia cada, perché riporto questo individuodi cui ho intuizione immediata al suo genere (le foglie) e giudicoche si diano le stesse condizioni d’ipotesi (che sia autunno). Gli uomini(sto ancora parafrasando il fondamentale § 501) sono tenuti a giudicareper via d’esperienza quando mancano di proposizioni determinate secondocui giudicare nei casi singoli determinati.Ancor più significativo per il punto di vista che intenderei qui proporreè però l’arretramento di Muratori nei confronti <strong>del</strong> dibattito barocco,che aveva avvertito la questione <strong>del</strong> rapporto fra “norme generali”e “casi individuali”, aveva in più di una occasione sfiorato osenz’altro messo in luce la questione <strong>del</strong> gusto, insieme a quella <strong>del</strong>“non so che”, ma aveva infine coordinato insieme tutti questi elementiper mezzo di una strumentazione retorica e in funzione di una strategiache è senz’altro quella, per dirla con le parole di <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>,<strong>del</strong>l’“arguzia sillogistico-retorica”, cioè in vista dei nessi fra retoricae dialettica. Alludo al problema <strong>del</strong> “ritrovamento <strong>del</strong> mezzo”,che è centrale nella dialettica europea da Pietro Ramo in poi, e funzionanel pensiero barocco soprattutto al fine di individuare lo specifico<strong>del</strong>la riflessione acuta: accontentiamoci, anche qui, di un unico esempio,quello <strong>del</strong> trattato Delle acutezze di Matteo Pellegrini, per il qualela virtù logica <strong>del</strong>l’ingegno consiste, in parallelo con quanto avvienenel caso <strong>del</strong>l’intelletto, nella capacità di trovare il termine medio cheleghi insieme i diversi elementi, in una connessione che, al contrario diquanto avviene nel caso <strong>del</strong>la logica, non è funzionale alla verità <strong>del</strong>riferimento esterno ma alla “acconcezza” <strong>del</strong> legamento stesso, allabellezza, che costituisce per Matteo Pellegrini l’oggetto <strong>del</strong>la sfera autonoma<strong>del</strong> discorso retorico. E tuttavia, prosegue Pellegrini, non esistonoregole specifiche per ottenere quei risultati, e tutto il campo rimaneaffidato «alla virtù <strong>del</strong>l’ingegno, […] dove per bene operare nonha regola speciale» 15 . In parallelo, distinguere le perfezioni proprie<strong>del</strong>l’operare <strong>del</strong>l’ingegno non è cosa che si possa ottenere altrimenti50
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