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Guido Morpurgo-Tagliabue e l'estetica del Settecento - SIE - Società ...

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ne» 3 . Scrive <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> a questo proposito: «Nel quadro hoinsieme una figura percepita e una rappresentazione immaginata, e ilmiracolo artistico è appunto la loro coincidenza» 4 . Quando invececontemplo un individuo reale come un quadro, o il suo ritratto comelui stesso, allora perdo o l’individuo o il quadro. Nell’opera d’arte,dunque, l’immagine «s’imprigiona» nella figura 5 ; essa è estetica se restalegata alla percezione, ovvero alla figura, giacché non appena «sene separa, si disfa in gratuità psicologico-culturale» 6 . È proprio graziea questa sua «servitù» alla figura 7 , che l’immagine è artistica e, inquanto tale, dà luogo a una molteplicità di rappresentazioni (culturalied emotive) sempre comunque legate agli elementi materiali <strong>del</strong>lafigura stessa. La conseguenza è che la dimensione estetica – dimensionepropriamente legata agli elementi materiali <strong>del</strong>l’opera – non esauriscel’arte 8 , perché «l’arte è una realtà estetica e culturale» 9 . L’immagineè dunque una rappresentazione artistica finché «abita le sue figure:quelle precise frasi di un linguaggio sensibile, letterario o musicaleo pittorico ecc., dispositivi materiali che fanno la realtà estetica <strong>del</strong>l’arte(l’opera d’arte è una cosa)» 10 .In questo senso si può dire che l’arte è un’“idea sensibile”, a condizioneperò di intendere tale definizione non come un’idea che si fasensibile, come nel caso <strong>del</strong>l’apparizione sensibile <strong>del</strong>l’idea hegeliana,ma come una realtà sensibile che si fa ideale. Per questo, afferma <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>,l’arte è «reale e irreale insieme» 11 . In definitiva: «la“rappresentazione” stessa che il linguaggio figurativo produce, inquanto unità è sempre in qualche modo estetico-culturale e non puramenteestetica» 12 . Tuttavia una tale «unificazione <strong>del</strong>l’arte è sempreprovvisoria. Quando è definitiva, non è più estetica» 13 . Un’immaginediventa “definitiva”, quando si è staccata dalla sua figura; in quantotale essa si trasforma in memoria artistica e dunque in un fenomenoesclusivamente culturale, ormai incapace di produrre rappresentazionisempre nuove e diverse, anche se proprio questo processo rappresentativoha reso possibile, a un certo punto, il prodursi di quell’immaginedefinitiva. Un’immagine è dunque artistica «finché mantienepresenti, nella sensazione o nella memoria, le sue figure», è inveceesclusivamente culturale «quando si scioglie da queste» 14 . Di qui, secondo<strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong>, la differenza tra la memoria di un musicistae quella di un dilettante: «l’una è artistica, l’altra culturale. L’unaè una presenza estetica – <strong>del</strong>l’immagine nelle sue figure – l’altraun’evasione – spesso arbitraria» 15 . È questa evasione dalle loro figureche spesso è toccata in sorte a immagini quali, per esempio, la Giocondao Amleto: è allora che tali immagini si sono trasformate in memoriaculturale, standardizzata e convenzionale.Che il criterio estetico non sia sufficiente a risolvere il problema<strong>del</strong>l’arte, <strong>Morpurgo</strong>-<strong>Tagliabue</strong> lo ribadisce in uno scritto di poco suc-76

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