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Grandi maestri piccole sculture

da Depero a Beverly Pepper a cura di Lara Vinca Masini

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Spazialismo<br />

Arlecchino, 1953-1956; ceramica<br />

policroma, cm 26x5x 20. Firmato.<br />

Asta Christie, Milano, 21.2.2002.<br />

Lotto 237.<br />

Lucio Fontana<br />

(1899-1968)<br />

Fra i primi astrattisti italiani, fondatore dello Spazialismo,<br />

redigeva, nel 1946, in Argentina, il Manifesto Blanco nel<br />

quale si ponevano le basi di un nuovo concetto di “spazio<br />

artistico”, che tenga conto delle conquiste scientifiche<br />

che usano lo spazio fisico e fenomenico come nuovo e<br />

più esteso strumento di comunicazione, proponendo il<br />

coinvolgimento della tecnologia nell’operazione artistica.<br />

Nel 1950, in occasione del I Concorso Internazionale delle<br />

Proporzioni alla IX Triennale di Milano, Fontana redigeva<br />

un altro Manifesto, proponendo la formula “forme, colore,<br />

suono attraverso gli spazi”, come sintesi tra “colore,<br />

elemento dello spazio, suono, l’elemento del tempo e il<br />

movimento che si sviluppa nel tempo e nello spazio”.<br />

Aveva iniziato il suo lavoro di scultore seguendo una figurazione<br />

di carattere materico, baroccheggiante, con riferimenti<br />

fitomorfici, dedicandosi anche alla ceramica, partecipando<br />

col gruppo del Movimento Arte Nucleare, con<br />

Jorn, Pinot Gallizio, Scanavino, agli Incontri Internazionali<br />

della Ceramica di Albisola, dove lavorerà nel laboratorio di<br />

Tullio Mazzotti. Il 1946 sarà per lui un anno fondamentale:<br />

la sua scultura si fa esplosiva, gestuale, vorticosa e<br />

voluttuosa, di una sensibilità e di una sensualità straordinariamente<br />

intense. Ne è un esempio la prima delle opere<br />

esposte, Arlecchino, del 1953-1956, in ceramica policroma,<br />

nelle cui cavità profonde, che sembrano preludere al periodo<br />

del buchi sulla tela, si annida l’ombra, e il colore esalta<br />

il movimento scattante delle membra. Da allora i suoi<br />

disegni diventano grumi di linee ad andamento gestuale,<br />

trovando la loro definizione nei suoi primi “Concetti spaziali”,<br />

nell’invenzione, prima, appunto, dei “buchi” sullo<br />

spazio-tempo del quadro, già interpretato come “campo”,<br />

come “continuum spazio-temporale”, poi del “taglio”, a<br />

creare, a mezzo del quadro, una sorta di “spazio oltre”.<br />

Nel 1949 Fontana realizzava l’Ambiente spaziale con forme<br />

spaziali ed illuminazione a luce nera, realizzato a Milano, alla<br />

Galleria del Naviglio, un ambiente nero nel quale la luce<br />

di Wood faceva scintillare il bianco di una serie di punti<br />

lungo la parete interna. Col gesto-taglio, dal 1948, Fontana<br />

esprimerà il suo coinvolgimento nell’opera (come per il<br />

dripping di Pollock), come aggressione e trasformazione di<br />

uno spazio concepito come entità costituita di spazio interno<br />

e spazio esterno: uno spazio mentale, “al di là” della<br />

superficie del quadro. Nella scultura i “tagli” e i “buchi”<br />

(come nelle sue straordinarie “nature” in ceramica nera e<br />

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