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Grandi maestri piccole sculture

da Depero a Beverly Pepper a cura di Lara Vinca Masini

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a cura di Lara Vinca Masini

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Nouveau réalisme<br />

Arman<br />

(1928-2005)<br />

Esponente del Nouveau réalisme. Secondo Pierre<br />

Restany, promotore e teorico del movimento, Arman è<br />

quello che ha portato più lontano, fino alle ultime conseguenze<br />

logiche, il progetto di appropriazione dell’oggetto,<br />

caratteristica del Nouveau réalisme, che nasceva<br />

a Nizza nel 1960.<br />

Addirittura folgorato dalla mostra parigina dei monocromi<br />

di Yves Klein del 1955, passava da una vita piccoloborghese<br />

(già, evidentemente aperto alla trasgressione),<br />

da venditore di mobili (di giorno), a pescatore subacqueo<br />

(di notte) e di “pittore della domenica” (ancora<br />

secondo la definizione di Restany), a una operazione di<br />

ripetizione di gesti coi suoi Cachets (timbri a inchiostro<br />

ritmicamente ripetuti su carta, 1955), alle “tracce” di<br />

oggetti coperti di inchiostro, gettati contro la tela, del<br />

1959 (è chiaro il riferimento alle Anthropométries di Klein,<br />

dipinti eseguiti dai corpi delle modelle nude, cosparse di<br />

vernice azzurra, distese sulla tela disposta a terra), alle<br />

Allures, che proponevano accumulazioni di oggetti, alle<br />

Pattumiere (1959-1960), ai mucchi di detriti esposti alla<br />

Galleria Iris Clert, a Parigi, opere nelle quali entrava in<br />

pieno nel clima del Nouveau réalisme, impostato sulla<br />

critica e sul rifiuto del consumismo sfrenato del mondo<br />

contemporaneo.<br />

Dal 1960 hanno inizio le sue “accumulazioni” (di oggetti<br />

ripetuti, o tagliati a fette, molto spesso libri o strumenti<br />

musicali) immersi in contenitori trasparenti contenenti<br />

materiale plastico liquido che, solidificandosi, soffoca e<br />

fissa gli oggetti in una sorta di cristallizzazione, catalogata<br />

e fissata per una archeologia del futuro.<br />

L’opera presente nella collezione Bertini, ed esposta<br />

in questa mostra, è una piccola Venere in bronzo (1989),<br />

anzi una parte di essa, per così dire, affettata lungo la sua<br />

altezza. L’opera riprende ironicamente le caratteristiche<br />

del lavoro dell’artista, quasi avesse estrapolato una parte<br />

dell’intera scultura dalle altre sezioni, evidenziandone<br />

una valenza autonoma.<br />

Venere, 1989; bronzo, h cm 40.<br />

Pietro Caporella, Fonderia Val di<br />

Chiana, Torrita di Siena.<br />

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