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Grandi maestri piccole sculture

da Depero a Beverly Pepper a cura di Lara Vinca Masini

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Fluxus<br />

Giuseppe Chiari<br />

(1926-2007)<br />

Il lavoro di Giuseppe Chiari si è sempre svolto per<br />

sconfinamenti dallo specifico del linguaggio, secondo<br />

comportamenti alternativi con riferimenti al New Dada,<br />

al Futurismo, soprattutto al lavoro di John Cage. Unico<br />

artista italiano (se si toglie l’adesione non continua di<br />

Simonetti e del musicista Bussotti) che ha fatto parte del<br />

movimento internazionale Fluxus, chiamato da Heinz<br />

Klaus Metzger, rappresentante per la sezione Europa<br />

Ovest del movimento. Con Fluxus partecipa a diverse<br />

edizioni del Festival a Parigi, a Wiesbaden, a New York.<br />

È partito dalla ricerca musicale per distruggerne il conformismo<br />

sonoro che egli, simbolicamente, configura nel<br />

pianoforte (molte sue azioni e installazioni lo assumono<br />

come tema). Le sue azioni “trasgressive”, perché se “la<br />

musica è facile” occorre passare attraverso gesti “difficili”,<br />

implicano la distruzione, appunto, del pianoforte,<br />

l’uso di materiali ridotti (fotocopie, xeros, partiture,<br />

prassi comune a tutto Fluxus), la sperimentazione delle<br />

tecniche del suono che stravolge piegando, talvolta, strumenti<br />

tradizionali a usi diversi. Le sue azioni di improvvisazione<br />

collettiva sono “imperniate sulla discussione<br />

libera e programmata, allo stesso tempo, col pubblico”.<br />

Formalizza le sue azioni stesse, nelle quali lavora sulle<br />

partiture, con lavori “grafici”, con collage, testi, video.<br />

Usa spesso la macchina fotografica analizzandone le possibilità<br />

“libere”, nell’intento continuo di stravolgere le<br />

tecniche, i suoni, i linguaggi della tecnologia. Nel 2001<br />

propose un concerto per cento pianoforti nel cortile della<br />

galleria degli Uffizi a Firenze.<br />

In mostra TV a colori, del 1990: un apparecchio televisivo<br />

interamente fasciato di nastri di plastica colorata che<br />

divengono gli unici colori visibili, essendo lo schermo<br />

completamente coperto e annullato nella sua funzione,<br />

con una operazione dada, ironica e fortemente critica,<br />

che richiama tante operazioni di occultamento, da<br />

L’Enigme d’Isidore Ducasse del 1920 di Man Ray all’Etant<br />

donnés del 1946 di Duchamp.<br />

TV a colori, 1990; televisore e nastri<br />

di plastica colorata, h cm 42,5.<br />

Pubblicato in Da Duchamp a<br />

Warhol, Verona 1997, p. 250.<br />

Galleria Metastasio di Carlo Palli,<br />

Prato.<br />

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