Grandi maestri piccole sculture
da Depero a Beverly Pepper a cura di Lara Vinca Masini
da Depero a Beverly Pepper
a cura di Lara Vinca Masini
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Concretismo<br />
Pendente, anni Cinquanta;<br />
alluminio, h cm 8. Asta Hauswedel<br />
& Nolte, Amburgo, 6.6.2001.<br />
Lotto 463.<br />
Alexander Calder<br />
(1898-1976)<br />
Nato ed educato in America, a Parigi dal 1926, iniziava<br />
realizzando oggetti animati, in filo di ferro, tra i quali, tra i<br />
più interessanti e vivi, Josephine Baker, un giocattolo straordinario,<br />
lievemente inquietante e perverso. Creava così il<br />
suo Circo che diveniva, per due anni, il centro di attrazione<br />
degli intellettuali parigini. Ben Nicholson scriverà: “Ci sono<br />
stato due volte con Mondrian e vi si trovavano Tzara, Man<br />
Ray, Kiki [la famosa Kiki de Montparnasse], i Goll e tutto<br />
Montparnasse di allora. Si facevano suonare le castagnole,<br />
arrampicati sui gradini di legno, mentre Calder, in basso, nel<br />
solo angolino lasciato libero, le gambe divaricate, spiegava il<br />
suo spettacolo”. Fu l’incontro con Mondrian e col suo lavoro,<br />
cioè con l’arte astratta, a dare una svolta alla sua vita. Si<br />
dedicherà alla sperimentazione astratto-concreta. Conobbe<br />
poi i lavori di Mirò, di Arp. Da questo momento scatterà la<br />
sua grande creatività autonoma, nata dalla scoperta del movimento<br />
naturale che egli attua con contrappesi ruotanti sugli<br />
assi che sorreggono la struttura. Le sue opere diventano, da<br />
allora, mobili, vibranti, sensibili a ogni moto d’aria, come le<br />
foglie al vento. Il termine francese “mobile”, che Calder<br />
attribuirà alle sue costruzioni dinamiche, si deve a Duchamp.<br />
Mentre quello di “stabile”, con cui definirà le sue <strong>sculture</strong><br />
seguenti (dal 1932), grandi <strong>sculture</strong> in ferro, ancorate alla<br />
terra, si deve ad Arp. Così definiva Michel Ragon (Derrière le<br />
miroir, Parigi, 1963) gli “Stabiles” di Calder: “piante aggressive,<br />
insetti inquietanti, uccelli tristi, trampolieri senza testa,<br />
dalle ali spiegate che pendono fino a terra. Queste “ailes de<br />
géant qui les empêchent de marcher” sono anche una sorta<br />
di strumenti agricoli, mantidi religiose meccaniche come<br />
i loro contempornei che si chiamano “scrapers”, “buldozers”,<br />
“drag-lines”. In mostra un piccolo Pendente degli anni<br />
Cinquanta, che fa parte dei gioielli che Calder realizzava,<br />
a cominciare dal 1929, assai prima del coinvolgimento di<br />
molti artisti nella realizzazione di gioielli. È costituito da una<br />
lamina di alluminio piegata, in basso, a spirale, da cui si leva<br />
una sorta di arabesco a virgola, come uno svolazzo grafico.<br />
Richiama la leggerezza dei mobiles, il loro movimento, che<br />
si articola in rapporto al movimento di chi indossa questo<br />
freschissimo e semplicissimo orecchino, ritrovando così il<br />
movimento della natura. Peggy Guggenheim collezionava<br />
gioielli di artisti; si ricorda che, quando inaugurò la sua galleria<br />
di New York, Art of this Century, indossava un orecchino<br />
di Calder e uno di Tanguy. I gioielli di Calder furono esposti<br />
nel 1938 a Helsinki alla Galleria Artek, e alla Williard Gallery<br />
di New York nel 1940.<br />
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