Grandi maestri piccole sculture
da Depero a Beverly Pepper a cura di Lara Vinca Masini
da Depero a Beverly Pepper
a cura di Lara Vinca Masini
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Scultura postbellica e contemporanea<br />
Mario Ceroli<br />
(1938)<br />
Autoritratto, 1989; legno, h cm 35.<br />
Acquisito dall’artista.<br />
A fianco<br />
Caio Mario, 1982; bronzo,<br />
cm 56x32x42. Prova d’artista di tre<br />
esemplari. Asta Finarte di Milano<br />
per l’Asta del 27.3.2000. Lotto 356.<br />
A Roma dalla metà degli anni Cinquanta, inizia, allievo<br />
di Leoncillo, a lavorare la ceramica. Nel 1960 vince<br />
il Premio per la giovane Scultura del Ministero della<br />
Pubblica Istruzione. Inizia, allora, a lavorare col legno.<br />
Elabora le sue silhouette, quasi sempre di riferimento<br />
antropomorfico, che dispone, spesso, in ripetizioni<br />
seriali (si pensi al suo grande lavoro ambientale, Cina,<br />
del 1966, a grandezza naturale), con le quali colpisce<br />
gli stereotipi della civiltà contemporanea. Lo si è per<br />
questo avvicinato all’esperienza pop. Da Leoncillo ha<br />
ereditato la manualità e l’amore per il materiale, per lui<br />
il legno grezzo. Lavora anche nella scenografia teatrale e<br />
cinematografica. Tra l’altro ha allestito il Riccardo III di<br />
Shakespeare, L’Orgia di Pasolini.<br />
Ha scritto di lui Gillo Dorfles: “L’elemento seriale, iterativo,<br />
di queste scarne figure appiattite, costituisce uno<br />
dei momenti inventivi dell’artista romano. Attraverso la<br />
serie infatti – e attraverso la strana tecnica del doubleface<br />
– si viene a creare quella volumetricità che le ‘fette’<br />
di statua di per sé non possiedono senza con ciò togliere<br />
alle opere la loro assurda precarietà fisica”. In realtà è<br />
proprio questa precarietà, e l’uso di un materiale naturale,<br />
grezzo, che dà forza al lavoro di Ceroli, accentuando<br />
quella intenzionalità critica verso una società composta<br />
per la maggior parte di larve piatte e completamente<br />
omologate, che distingue il nostro momento storico.<br />
Ceroli ha ripetuto spesso che “il legno è l’unico materiale<br />
che ti dà la possibilità di realizzare immediatamente<br />
un’idea”.<br />
Nella collezione Bertini Caio Mario, una testa in bronzo<br />
del 1982, chiaramente fusa da un lavoro in legno, dove<br />
le lamine si sovrammettono, in un assemblaggio folto<br />
e dinamico, vibrante, a creare, questa volta, una forma<br />
tridimensionale, di grande espressività e forza, che rivela<br />
una presenza autorevole e drammatica, e un Autoritratto<br />
del 1989 che, a differenza dalle sue consuete silhouette,<br />
ha dei raddoppiamenti di spessore, delle sfrangiature<br />
che ne sostengono la struttura, conferendogli, in certo<br />
modo, un’apparente tridimensionalità, avvicinandolo a<br />
certi tagli ‘affettati’ di Arman, mantenendo, ovviamente,<br />
intenzionalità diversa.<br />
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