Catalogo Giornate del Cinema Muto 2012 - La Cineteca del Friuli
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BELYI ORIOL (Gubernator) [L’aquila bianca; Il governatore / The<br />
White Eagle; The Governor] (The <strong>La</strong>sh of the Czar) (Mezhrabpomfilm,<br />
USSR 1928)<br />
Regia/dir: Yakov Protazanov; scen: Oleg Leonidov, Yakov Urinov,<br />
Yakov Protazanov, dal racconto/from the story “The Governor” di/<br />
by Leonid Andreev; f./ph: Piotr Ermolov; scg./des: Isaak Rabinovich;<br />
aiuto regia/asst. dir: Yakov Urinov; asst: Aleksandr Popov, Yakov<br />
Zvonkov; cast: Vasilii Kachalov (governatore/Governor), Anna Sten<br />
(governante/Governess), Vsevolod Meyerhold (dignitario/Dignitary),<br />
Ivan Chuveliov (agente provocatore/Agent provocateur), Andrei<br />
Petrovskii (capo <strong>del</strong>la polizia/Chief of city police), Piotr Repnin<br />
(vescovo/Bishop), E. Volkonskaya (moglie <strong>del</strong> governatore/Governor’s<br />
wife), Mikhail Zharov, Yuri Vasilchikov (ufficiali/Officials), Aleksandr<br />
Gromov (rivoluzionario/a revolutionary), Mikhail Narokov (assistente<br />
<strong>del</strong> dignitario/Dignitary’s assistant), Mikhail Komarov (operaio/a<br />
worker), Aleksandr Chistiakov (detenuto/a convict); data uscita/rel:<br />
9.10.1928; orig. l: 1850 m.; DVD, 71' (24 fps); fonte copia/print source:<br />
Gosfilmofond of Russia.<br />
Didascalie in russo / Russian intertitles.<br />
Un battage pubblicitario senza precedenti nella stampa sovietica di<br />
categoria accompagnò fin dai primi giorni la produzione di Belyi oriol.<br />
Il film sembrava destinato a trovare un posto sicuro negli annali grazie<br />
alla presenza nel suo cast di due leggende teatrali, Vasilii Kachalov e<br />
Vsevolod Meyerhold. Dato che Kachalov non ebbe in seguito altri ruoli<br />
cinematografici di spicco e che i film pre-rivoluzionari di Meyerhold<br />
sono andati perduti, oggi il film rappresenta un documento unico nella<br />
storia <strong>del</strong> teatro russo.<br />
Cionondimeno, nel lontano 1928, non solo Belyi oriol ricevette<br />
recensioni sprezzanti (il che era abbastanza normale per un film di<br />
Yakov Protazanov) ma fu accolto freddamente anche dal pubblico (e<br />
questo non lo era per nulla). Smentendo la sua fama di regista con<br />
un occhio di riguardo per il botteghino, il film si era rivelato come<br />
uno dei suoi lavori più sperimentali e meno fortunati. Senza contare<br />
la sua improbabile incoerenza ideologica. Negli Stati Uniti (dove fu<br />
distribuito con il titolo The <strong>La</strong>sh of the Czar) il film fu letto come<br />
un “predicozzo bolscevico”, mentre i più sagaci critici sovietici vi<br />
ravvisarono un mo<strong>del</strong>lo di cinema borghese e quasi anti-rivoluzionario.<br />
<strong>La</strong> figura centrale di questa trasposizione cinematografica di un<br />
racconto di Leonid Andreev ambientato nel 1905, quella di un<br />
governatore zarista di provincia che, avendo ordinato di sparare su<br />
una manifestazione di lavoratori è tormentato dal rimorso e cerca la<br />
morte, non poteva non suscitare simpatia. Per di più il ruolo era stato<br />
affidato all’affascinante e signorile Vasilii Kachalov.<br />
Un governatore zarista era nondimeno un protagonista rischioso:<br />
Protazanov e il suo co-sceneggiatore Oleg Leonidov furono obbligati<br />
a inventare altri personaggi che gli facessero da “scudo”. <strong>La</strong> necessità<br />
tecnica di evitare la censura si trasformò in una originale soluzione<br />
drammatica. Tutti i personaggi – il dignitario preoccupato per le proprie<br />
condizioni di salute, l’informatore roso dalla paura, la governatrice<br />
innamorata – interpretano i rispettivi ruoli brillantemente ma <strong>del</strong> tutto<br />
76<br />
indipendentemente, reagendo ciascuno a suo modo al protagonista,<br />
che, all’apparenza, non è più capace di alcuna reazione.<br />
Protazanov, il cineasta pre-rivoluzionario di maggior successo tra<br />
quelli attivi nel cinema sovietico, era in primis un regista di attori.<br />
Rientrato dal suo breve periodo di espatrio, vedendo le condizioni<br />
in cui versava il paese, per il suo primo film sovietico Aelita (1924)<br />
radunò uno spettacolare e bizzarramente eterogeneo cast: membri<br />
<strong>del</strong> Teatro d’Arte di Mosca, discepoli di Meyerhold, ex “Attori dei<br />
Teatri Imperiali”, vedette <strong>del</strong> vaudeville… Da allora Protazanov<br />
avrebbe sempre variamente e imprevedibilmente mescolato elementi<br />
<strong>del</strong>le più disparate tendenze teatrali o cinematografiche creando ogni<br />
volta un ensemble di sorprendente omogeneità.<br />
I suoi film sono solitamente di costruzione solida, a prescindere dal<br />
genere o dal materiale. Ma qui, avendo scelto un genere atipico come<br />
lo “studio psicologico” (la definizione è <strong>del</strong>lo stesso regista), si approdò<br />
solo a una trama confusa e a una recitazione eterogenea – per farla<br />
breve, Protazanov realizzò un film di grande debolezza e imperfezione<br />
strutturale. D’altronde è proprio la sua struttura imprecisa a<br />
rendere Belyi oriol un caso unico tra le produzioni commerciali <strong>del</strong>la<br />
Mezhrabpom. “Perché questo effetto d’imperfezione era pour cause”.<br />
Questa volta non c’è alcun ensemble, né sarebbe stato appropriato<br />
averne uno.<br />
Qui s’incontrano due scuole di recitazione diametralmente opposte:<br />
Kachalov era una figura leader <strong>del</strong> Teatro d’Arte di Mosca e un fe<strong>del</strong>e<br />
seguace di Stanislavsky; Meyerhold aveva inventato e divulgato la<br />
biomeccanica teatrale. Protazanov mise volutamente a confronto il<br />
sistema “psicologico” con quello “fisiologico”, come fu subito notato<br />
da alcuni critici, con grande gioia di Meyerhold. Una gioia <strong>del</strong> resto<br />
comprensibile, giacché trent’anni prima lo stesso Meyerhold era stato<br />
tra i primi membri <strong>del</strong> Teatro d’Arte di Mosca. Solo alcuni decenni<br />
dopo egli avrebbe sviluppato il proprio metodo, concepito come un<br />
superamento di quello di Stanislavsky. Inoltre, nel 1928, aveva ormai<br />
completamente abbandonato la recitazione.<br />
Ma Protazanov non si limitò solo ad applicare due diversi sistemi<br />
di recitazione. L’immagine plastica <strong>del</strong> dignitario di Meyerhold è un<br />
ibrido da due creazioni teatrali <strong>del</strong> grande Michael Chekhov (col<br />
quale Protazanov aveva lavorato l’anno precedente in Chelovek iz<br />
restorana [L’uomo <strong>del</strong> ristorante]). Meyerhold era solito affermare<br />
che “un tocco di raffinata e luccicante calvizie non sfigura affatto sul<br />
palcoscenico”. In Belyi oriol la calvizie “da tricheco” di Meyerhold si<br />
contrappone alla calvizie “canina” <strong>del</strong> capo <strong>del</strong>la polizia, interpretato<br />
da Andrei Petrovskii, anch’egli impegnato in varie attività teatrali, tra<br />
cui i corsi di recitazione. Ivan Chuveliov aveva lavorato a lungo in vari<br />
di teatri d’avanguardia, ma paradossalmente era diventato famoso per<br />
il “carattere” interpretato in Konec Sankt-Peterburga (<strong>La</strong> fine di San<br />
Pietroburgo, 1927) di Pudovkin: quest’esemplificazione <strong>del</strong>lo stupore<br />
era esattamente ciò che Protazanov cercava per il suo film.<br />
Per quanto possa sembrare strano, Anna Sten, dopo il suo debutto<br />
nella commedia di Boris Barnet Devushka s korobkoi (<strong>La</strong> ragazza<br />
con la cappelliera), era approdata direttamente a questo film e non ai<br />
melodrammi di Otsep o di Cherviakov. Barnet e Protazanov avevano<br />
un occhio di riguardo per i rispettivi film (e anni dopo si sarebbero<br />
imbarcati perfino in una co-produzione, che fu abbandonata per la<br />
morte di Protazanov). Pur essendo due registi sostanzialmente<br />
diversi per generazione, temperamento e reputazione, dimostrarono<br />
sempre una grande solidarietà in materia di casting. Attori scoperti<br />
da Protazanov si ritrovavano regolarmente nei film di Barnet (come<br />
avvenne per Igor Iliinskii, Ivan Koval-Samborskii, Vera Maretskaya,<br />
Serafima Birman, Ada Voitsik e molti altri). Anna Sten fu probabilmente<br />
l’unica a fare il percorso inverso, da Barnet a Protazanov.<br />
Alcuni decenni dopo, rievocando in un’intervista la sua esperienza<br />
sovietica con Kuleshov, Barnet, Cherviakov, Otsep e altri, la Sten<br />
disse che il metodo di Protazanov era stato quello più affine al suo<br />
metodo personale. Purtroppo, a quella loro unica collaborazione non<br />
corrispose una performance di particolare spicco da parte <strong>del</strong>la Sten,<br />
che sulla scia <strong>del</strong> successo di Devushka s korobkoi e di Zemlya v plenu<br />
(<strong>La</strong> terra prigioniera) era pur sempre una <strong>del</strong>le stelle più popolari<br />
<strong>del</strong>la Mezhrabpom (in alcuni poster di Belyi oriol il suo nome figurava<br />
addirittura prima di quelli di Kachalov e Meyerhold).<br />
D’altronde, per Protazanov, attori come la Sten, Chuveliov e<br />
perfino Meyerhold erano solo “attrazioni”, nel senso eisensteiniano<br />
<strong>del</strong> termine. Così come lo erano le evidenti citazioni dallo stesso<br />
Eisenstein (ma anche da Pudovkin) in tutte le scene di folla e negli<br />
episodi rivoluzionari. Queste attrazioni, ciascuna a suo modo,<br />
mascheravano l’idea principale <strong>del</strong> film. Protazanov aveva previsto le<br />
reazioni dei critici e si era premunito. In un articolo promozionale<br />
piuttosto sui generis da lui scritto, si legge: “Negli ultimi anni le mie<br />
fortune di regista hanno subito alti e bassi, come i flussi e i riflussi<br />
<strong>del</strong>le maree … Accettato solo da poco nel novero dei registi più<br />
promettenti <strong>del</strong> cinema sovietico, ne sarò nuovamente escluso dai<br />
giudizi sul mio prossimo film … Sono certo che il mio nuovo lavoro,<br />
Belyi oriol, si rivelerà una bassa marea”. – PETER BAGROV<br />
A promotional campaign almost unprecedented for the Soviet<br />
trade press unfolded from the very first days of The White Eagle’s<br />
production. This picture was clearly destined for a place in the annals<br />
due to the presence in the cast of two theatrical legends, Vasilii<br />
Kachalov and Vsevolod Meyerhold. Since Kachalov never got another<br />
full-fledged film part and Meyerhold’s pre-revolutionary films are lost,<br />
today the film stands as a unique document in the history of Russian<br />
theatre.<br />
Yet in 1928 not only did The White Eagle get scornful reviews (which<br />
was quite natural for a Yakov Protazanov film), but the audience, too,<br />
received it rather coldly (which was not). For the openly commerciallyoriented<br />
Protazanov this turned out to be one of his most experimental<br />
and least successful works. Not to mention its improbable ideological<br />
inconsistency. For while in the U.S. (where it was released under the<br />
title The <strong>La</strong>sh of the Czar) the film was interpreted as a “Bolshevik<br />
preachment”, the Soviet critics were shrewder in viewing it as a piece<br />
of bourgeois and almost counter-revolutionary film work.<br />
77<br />
Adapted from a story by Leonid Andreev, set in 1905, its central<br />
figure of a tsarist provincial governor who, having given the order<br />
to shoot at a workers’ demonstration, is tormented by remorse<br />
and seeks his own death, could have drawn nothing but sympathy.<br />
Besides, the charming and lordly Kachalov was a profoundly safe<br />
choice for the role.<br />
A tsarist governor was a risky protagonist, nevertheless; and<br />
Protazanov and the co-writer Oleg Leonidov were obliged to invent<br />
other characters to “shield” him. But this technical necessity to<br />
evade censorship turned into an original dramatic solution. All the<br />
characters – the dignitary preoccupied by his own physical condition,<br />
the stoolpigeon worn out with fears, the amorous governess – play<br />
their stories brilliantly but independently, responding in their own way<br />
to the protagonist, who, it seems, is no longer capable of responding<br />
to anything.<br />
Undoubtedly the most successful pre-revolutionary filmmaker<br />
who resumed work in Soviet cinema, Protazanov was an actor’s<br />
director. Returning from his short-term emigration, seeing how<br />
the land lay, he assembled a spectacular but fancifully motley cast<br />
for his first Soviet picture Aelita (1924): members of the Moscow<br />
Art Theatre, Meyerhold’s disciples, former “Actors of the Imperial<br />
Theatres”, vaudeville stars… Thereafter Protazanov was always to<br />
merge specimens of various theatre and film trends – diversely and<br />
unexpectedly – each time creating a surprisingly solid ensemble.<br />
Generally his films are firmly constructed, regardless of genre or<br />
material. But here, having chosen such an uncharacteristic genre as<br />
a “psychological study” (the director’s own definition), he ended up<br />
with a shaggy plot and motley acting – in short, Protazanov made<br />
a most loosely structured and imperfect picture. But it is precisely<br />
this loose structure that makes The White Eagle so unique among<br />
Mezhrabpom’s commercial productions. “For this effect defective<br />
comes by cause.” There is no ensemble this time, but an ensemble<br />
would hardly be appropriate.<br />
Two diametrically opposed schools of acting met here: Kachalov<br />
was a leading figure at the Moscow Art Theatre, a true follower<br />
of Stanislavsky; Meyerhold founded and propagated biomechanics.<br />
Protazanov patently engineered a confrontation of the “psychological”<br />
and the “physiological” systems, which was immediately noted by<br />
some critics, to Meyerhold’s joy. A joy all the more explicable because<br />
30 years earlier Meyerhold himself had been one of the first members<br />
of the Moscow Art Theatre; only decades later did he nurture his own<br />
Method, as if overstepping that of Stanislavsky. Besides, by 1928 he<br />
had given up acting completely.<br />
But Protazanov did not limit himself to employing just two acting<br />
styles. The plastic image of Meyerhold’s dignitary is a hybrid of<br />
two theatrical creations of the great Michael Chekhov (with whom<br />
Protazanov had worked on The Man from a Restaurant the previous<br />
year). Meyerhold used to say that “a nice, shiny bald spot” is very<br />
appealing on stage. In The White Eagle Meyerhold’s “walrus” baldness<br />
contrasts with the “canine” baldness of the Police Chief, played by<br />
ANNA STEN