AA.VV. - Racconti matematici - CTS Basilicata
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Breve ritratto di Alan Turing<br />
di Emmanuel Carrère<br />
L’8 giugno 1954, la domestica di Alan Turing scoprì il corpo del matematico<br />
riverso sul letto nella piccola casa della periferia di Manchester in cui viveva.<br />
L’inchiesta fu breve: si era avvelenato addentando una mela intinta nel cianuro 82 .<br />
Niente lasciava presagire questo suicidio. Turing era certamente un uomo ansioso e<br />
solitario; due anni prima aveva subìto una prova fisica e morale molto crudele e,<br />
stando alle poche persone che ne avevano una vaga idea, cercava di rinascere<br />
attraverso il suo lavoro scientifico. Ma alla vigilia della sua morte aveva prenotato il<br />
computer dell’Università di Manchester, uno degli unici due esemplari di quella<br />
specie esistenti al mondo che Turing aveva contribuito a realizzare e con cui passava<br />
due notti la settimana; aveva corso diverse ore per allenarsi alla mezza maratona cui il<br />
suo club avrebbe preso parte la settimana successiva, comperato due ingressi a teatro<br />
per sé e per un amico e lavato i piatti del suo ultimo pasto.<br />
Aveva quarantadue anni. Era un omone rude, trasandato, che indossava giacche di<br />
tweed bucate. La gente ci vedeva la perfetta incarnazione dello scienziato eccentrico,<br />
che ha la testa tra nuvole di equazioni e pulisce la lavagna con un lembo della camicia<br />
– immagine convenzionale che lui senz’altro alimentava, e che gli serviva da status<br />
sociale. Aveva fama di essere un matematico di talento, ma da tempo non produceva<br />
nulla che giustificasse tale reputazione. Metteva raramente piede nel suo ufficetto<br />
dell’università e si teneva a distanza dall’ambiente accademico – come da qualsiasi<br />
altro ambiente, del resto. Alle prime luci dell’alba, quando lasciava il suo computermastodonte,<br />
altri ricercatori del laboratorio gli subentravano, e talvolta, scaldandosi le<br />
mani con una tazza di tè, scambiava con loro qualche informazione tecnica, piccole<br />
ricette di programmazione che ciascuno elaborava per conto proprio. I suoi colleghi<br />
erano appena usciti dal letto, dalle braccia della moglie; lui invece aveva un colorito<br />
terreo, la sua barba ruvida e nera durante la notte era cresciuta, e i suoi occhi<br />
brillavano di stanchezza. Nessuno osava domandargli che cosa facesse, quale fosse<br />
l’oggetto delle sue ricerche. A quegli uomini entusiasti, pionieri di una scienza troppo<br />
giovane per avere un passato, Turing appariva come un fantasma uscito proprio da<br />
quel passato inesistente.<br />
La fama era arrivata in seguito a due articoli, di cui il più noto risaliva a vent’anni<br />
prima. I necrologi che i suoi colleghi pubblicarono sul Times e sulle riviste<br />
scientifiche facevano riferimento soltanto a quest’ultimo. In essi il defunto era<br />
presentato come un puro prodotto di Cambridge, distintosi negli anni Trenta per il suo<br />
contributo memorabile – anche se non quanto quello di Kurt Gödel – alla demolizione<br />
del programma di Hilbert, ovvero a uno di quei dibattiti sulla logica formale di fronte<br />
82 In omaggio ad Alan Turing, e alla sua opera, la società informatica Apple ha adottato il simbolo<br />
della mela morsa. (N.d.R.)<br />
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