Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo
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L’insediamento dei Longobardi ebbe conseguenze durature, perché spezzò l’unità<br />
<strong>della</strong> penisola, che sarebbe stata ricomposta solamente dopo la prima guerra mondiale.<br />
La penisola italiana si trovò così divisa in due parti: l’Italia longobarda, con capitale<br />
Pavia, che comprendeva il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, tranne una striscia<br />
<strong>della</strong> laguna da Chioggia a Grado, una parte dell’Emilia Romagna e <strong>della</strong> Toscana, i<br />
ducati di Spoleto e di Benevento, e l’Italia bizantina, con capitale Ravenna, che comprendeva<br />
l’Esarcato, cioè parte dell’Emilia e <strong>della</strong> Romagna, il litorale ligure e toscano,<br />
la cosiddetta Pentapoli marittima e quella annonaria, il ducato di Roma, le coste<br />
<strong>della</strong> Campania e tutto il resto del Meridione. L’Istria restò soggetta all’impero di<br />
Bisanzio, che conservò il dominio anche sulla Dalmazia.<br />
Per le nostre terre quindi tutto questo comportò la separazione <strong>della</strong> costa adriatica,<br />
che rimase bizantina, dal territorio interno.<br />
A differenza dei Goti, che avevano rispettato le istituzioni e le strutture amministrative<br />
romane, i Longobardi le abbatterono, confiscando tutte le terre all’aristocrazia e<br />
collocando i sudditi di origine romana in una posizione di inferiorità. Il loro insediamento<br />
si svolse in piccoli gruppi familiari, chiamati fare, chiusi e staccati rispetto alle<br />
popolazioni locali, in luoghi prescelti in base ad esigenze di controllo militare del territorio.<br />
Di loro ci restano non solo numerose testimonianze <strong>nel</strong>la lingua e <strong>nel</strong>la toponomastica<br />
– le numerose cittadine che si chiamano “Farra“-, ma anche moltissime<br />
tombe, come quelle ritrovate a Romans, a Farra d’Isonzo, a Moraro, a Salcano<br />
(Slovenia), o quelle ritrovate casualmente <strong>nel</strong>l’attuale Piazza Medaglie d’oro a Gorizia.<br />
Lo spostamento verso Occidente dei Germani e la discesa dei Longobardi in Italia aprirono<br />
la strada ad altre popolazioni che giunsero <strong>nel</strong>la zona e devastarono questi territori<br />
a partire dal VI secolo: gli Avari, un popolo proveniente dall’Asia centrale, affine<br />
agli Unni, che saccheggiarono e incendiarono Cividale, trucidando quasi tutta la<br />
popolazione maschile e riducendo in schiavitù donne e bambini, e gli Slavi.<br />
Gli Slavi, indicati anticamente dagli storici romani Plinio e Tacito con il nome di<br />
Venedi, verso la metà del primo millennio si trovavano a Nord est dei monti Carpazi,<br />
tra i fiumi Vistola e Dnepr. Di cultura assai primitiva, subirono l’influenza dei Germani,<br />
dei Celti e degli Illirici, popoli con cui erano a contatto a ovest, e tra il II e IV secolo<br />
dopo Cristo furono sottomessi dai Goti e dagli Unni, che li trascinarono con sé. Mentre<br />
però questi popoli proseguirono alla ricerca di nuove terre, gli Slavi si fermarono stabilmente<br />
<strong>nel</strong>le regioni occupate dove, a partire dalla fine del 500 a.C., cercarono di<br />
creare stati propri. Pur essendo assai numerosi, non riuscirono a creare entità statali<br />
unite e stabili perché rimasero sempre politicamente disuniti, tanto che la maggior<br />
parte degli stati slavi fu creata da signori stranieri che seppero imporsi a quelle genti.<br />
Dopo aver invaso la penisola balcanica si insediarono in Slovacchia, <strong>nel</strong>la Slesia, in<br />
Carinzia, Slovenia, Serbia (580 d.C.), Grecia (610) e Croazia (640).<br />
A partire dal VI secolo d.C. questi popoli comparvero in molti scritti dei cronisti occidentali,<br />
ma dopo essere entrati in contatto con i bizantini furono indicati con il nome<br />
di “sklabenoi”, o “sclavi”. In latino il termine “slavus” venne utilizzato per indicare i prigionieri<br />
di guerra che provenivano dalla Slavonia e che erano impiegati in lavori umili<br />
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