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Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo

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senti come già sappiamo fin dalla metà del Duecento: i Cappuccini, i Gesuiti, i<br />

Carmelitani, le Clarisse, i Fatebenefratelli ed infine le Orsoline. Vennero anche eretti<br />

la chiesa dedicata a sant’ Ignazio di Loyola, fondatore dell’ordine dei Gesuiti, ed un<br />

Seminario, in ottemperanza a quanto era stato stabilito dal Concilio di Trento, per<br />

l’istruzione dei giovani che sceglievano di diventare sacerdoti. Si potè aprirlo <strong>nel</strong> 1629,<br />

grazie all’impegno dei Gesuiti e alla generosità del conte Werdenberg, marito <strong>della</strong><br />

contessa Caterina Coronini, utilizzando il palazzo che oggi è sede <strong>della</strong> Biblioteca<br />

Civica <strong>nel</strong>l’odierna via Mameli, acquistato e ingrandito dai Gesuiti per trovare spazio<br />

per i 60 studenti dai 12 ai 19 anni che lo frequentavano a quell’epoca. La fondazione<br />

Werdenbergica ebbe vita fiorente fino alla soppressione <strong>della</strong> Compagnia di Gesù, che<br />

comportò la chiusura delle scuole e del Seminario e una grave perdita per la cultura<br />

goriziana. Intanto in borgo Piazzutta grazie al barone Vito Delmestri erano stati<br />

costruiti un piccolo ospedale, affidato ai Fatebenefratelli, un convento ed una cappella<br />

che divenne poi la chiesa dei Santi Vito e Modesto.<br />

La cultura beneficiò notevolmente dell’opera educativa degli ordini religiosi presenti<br />

in città, poiché i giovani goriziani poterono avvalersi di ottimi insegnanti che,<br />

provenendo dai collegi e dalle accademie romane, divennero anche diffusori <strong>della</strong> cultura<br />

e <strong>della</strong> lingua italiana. In particolare il collegio dei Gesuiti, attivo dal 1621, grazie<br />

al livello di preparazione che offriva richiamò studenti non solo dalla Contea ma<br />

anche dal vicino Veneto e dal Friuli. L’attività svolta dai Gesuiti fu di importanza fondamentale<br />

per la cultura <strong>della</strong> Contea: grazie a loro si registrò un miglioramento<br />

non solo <strong>nel</strong>l’educazione dei giovani, ma anche nei loro costumi di vita. Per tutto il<br />

Seicento ed il Settecento la vita culturale ebbe come suo centro le scuole gesuitiche,<br />

dove l’attività veniva organizzata con molta serietà, secondo le regole dettate<br />

dall’ordine e i metodi <strong>della</strong> scienza educativa del tempo. I quattrocento scolari, inseriti<br />

in classi di 70/80 allievi, frequentavano le lezioni per undici mesi all’anno e sottostavano<br />

ad una disciplina severa. La scuola venne prima ospitata in via Mameli e successivamente,<br />

<strong>nel</strong> Settecento, in un nuovo grande fabbricato a fianco <strong>della</strong> chiesa di<br />

Sant’Ignazio, dedicata al fondatore dell’ordine. L’edificio fu demolito tra le due guerre,<br />

<strong>nel</strong>l’intenzione di ampliare la piazza <strong>della</strong> Vittoria, ma al suo posto venne costruito<br />

il palazzo dell’INPS.<br />

Un’altra istituzione importante per la vita <strong>della</strong> città fu quella <strong>della</strong> Scuola delle<br />

Madri Orsoline, tuttora esistente, che operando a partire dal 1672 ebbe anch’essa un<br />

ruolo fondamentale per l’educazione e l’istruzione di decine di migliaia di ragazze. Le<br />

suore grazie a varie elargizioni di nobildonne goriziane poterono acquistare alcuni edifici<br />

che collegarono in un grande complesso tra l’odierna via Morelli, via Crispi e piazza<br />

<strong>della</strong> Vittoria, <strong>nel</strong>l’attuale via delle Monache. Qui trovarono posto <strong>nel</strong> 1672 la scuola<br />

esterna gratuita, il collegio per le allieve paganti, il convento ed una chiesa. Oggi<br />

non rimane quasi traccia di queste costruzioni a causa delle distruzioni provocate<br />

dalla Prima guerra mondiale. Nel 1922 fu necessario acquistare la villa di Giacomo<br />

Ceconi, (costruttore <strong>della</strong> ferrovia Transalpina), <strong>nel</strong>la zona di Montesanto, oggi via<br />

Palladio, dove le suore si trasferirono <strong>nel</strong> 1928. L’architetto Max Fabiani elaborò il pro-

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