Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo
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chigie, facilitazioni commerciali e retroterra potenziale e costituì la base per uno sviluppo<br />
che aprì la città ai traffici con tutta l’Europa, con l’Africa e le Americhe. La città,<br />
che agli inizi del Settecento aveva meno di 5.000 abitanti, raccolti in prevalenza sul<br />
Colle, intorno alla Cattedrale e alla Torre di San Giusto, in meno di un secolo arrivò a<br />
contarne ben 40.862, come risulta dal censimento del 1804. Trieste infatti diventò un<br />
grande emporio commerciale, che richiamava un afflusso costante di tedeschi, slavi,<br />
greci, che la portò in altri 150 anni a 180 mila abitanti. Grazie all’attività del porto,<br />
divenuto il principale scalo di transito degli scambi tra le province austriache e il<br />
Mediterraneo, nacquero nuovi borghi (teresiano, giuseppino e franceschino), e vari<br />
rioni intorno alle importanti industrie dello stabilimento Navale Adriatico (1840), dello<br />
Stabilimento Tecnico Triestino (1846), dell’Arsenale del Lloyd austro-ungarico (1852)<br />
e dell’Usina Comunale del gas (1864).<br />
Nel Goriziano invece tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento vi fu<br />
un periodo di recessione economica. Nel corso del secolo si ebbe un’ulteriore immigrazione<br />
di veneti, soprattutto commercianti ed operai, che erano attratti dalla presenza<br />
delle prime fabbriche costruite <strong>nel</strong>l’area urbana, tra le quali delle filande ed una<br />
cartiera.<br />
Per favorire lo sviluppo dell’economia <strong>della</strong> Contea furono allora studiati nuovi progetti<br />
tra i quali la coltivazione del gelso e la costruzione di un filatoio a Farra<br />
d’Isonzo, voluto dall’imperatore Carlo VI. La sua opera fu proseguita da sua figlia, l’imperatrice<br />
Maria Teresa, una sovrana intelligente ed illuminata che, come abbiamo<br />
anticipato, attuò importanti riforme e fece molto per le regioni meridionali del suo<br />
Impero, e quindi per Trieste e per Gorizia, <strong>nel</strong>l’intento di limitare l’influenza di <strong>Venezia</strong>.<br />
Nel 1756 restituì Gradisca alla Contea, che da quel momento divenne “la Principesca<br />
Contea di Gorizia e Gradisca”. Nell’ambito dei piani per incentivare una graduale crescita<br />
economica, la sovrana fece sviluppare <strong>nel</strong>la regione la produzione <strong>della</strong> seta, in<br />
concorrenza con <strong>Venezia</strong>, e agevolò perciò i contadini che piantavano lungo le strade<br />
o ai limiti dei campi i gelsi necessari per l’alimentazione dei bachi da seta. Per questo<br />
motivo dal 1756 al 1764 vennero piantate quasi cinquantamila piante di gelso nei dintorni<br />
<strong>della</strong> città, che si aggiunsero alle altre sessantamila già esistenti. La produzione<br />
si basava soprattutto sul lavoro svolto a domicilio dai contadini che allevavano i bachi<br />
e ne vendevano poi i bozzoli ai mercanti. Nella seconda metà del secolo il Goriziano<br />
cominciò inoltre a sentire i benefici <strong>della</strong> presenza del porto franco di Trieste e furono<br />
create industrie per la trasformazione delle materie prime provenienti dal vicino<br />
porto .<br />
Anche per quanto riguarda la cultura il Settecento fu un secolo di cambiamenti.<br />
Le istituzioni scolastiche agli inizi del Settecento erano ancora <strong>nel</strong>le mani <strong>della</strong><br />
Chiesa, affidate agli ordini religiosi, ma l’Impero pose l’istruzione alla diretta dipendenza<br />
dello stato, laicizzandola e facendone un mezzo di affermazione dei propri<br />
interessi. Nel 1750 il governo asburgico istituì le scuole statali e qualche anno<br />
dopo stabilì che fossero obbligatoriamente frequentate dai ragazzi tra i 6 e i 13 anni<br />
d’età, mentre in Italia sarà necessario attendere ancora un secolo ed arrivare al 1876