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Storia della Venezia Giulia - Associazione Giuliani nel Mondo

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agli inizi dell’Ottocento. La necessità di garantire il funzionamento di un’orchestra,<br />

<strong>della</strong> banda Civica e di altri complessi musicali furono le premesse per la fondazione<br />

a Gorizia, <strong>nel</strong> 1798, <strong>della</strong> Società Filarmonica, a cui farà seguito agli inizi<br />

dell’Ottocento una scuola di musica. Un settore importante <strong>della</strong> cultura del tempo fu<br />

quello <strong>della</strong> storiografia: proprio in questo secolo infatti appaiono le prime opere di<br />

storia del Goriziano, scritte dagli storici Rodolfo Coronini, Carlo Morelli di Schönfeld,<br />

Sigismondo Attems ed Antonio Codelli, alle quali si aggiunse con la sua opera sul clima<br />

goriziano il medico sloveno Anton Musnig. Per quanto riguarda la cultura friulana,<br />

ricordiamo il conte Marzio Strassoldo (1736-1800), che fu poeta e commediografo,<br />

mentre per quella slovena ricordiamo il barone Sigismondo (Zˇiga) Zois di Edelstein,<br />

nato <strong>nel</strong> 1747 a Trieste da padre bergamasco ma residente a Lubiana. Dopo essersi formato<br />

culturalmente con studi umanistici a Reggio Emilia ritornò a Lubiana per occuparsi<br />

dell’attività commerciale ed industriale <strong>della</strong> famiglia e divenne un protagonista<br />

<strong>della</strong> cultura <strong>della</strong> città, cercando di diffondere il sapere tra le classi umili e donando<br />

la sua biblioteca ai concittadini. Egli cercò di tradurre in sloveno la “Leonore” del<br />

romantico tedesco August Bürger, ma dopo vari tentativi dovette rinunciare a causa<br />

<strong>della</strong> povertà lessicale <strong>della</strong> lingua slovena del tempo. Circa trent’anni più tardi l’impresa<br />

riuscì al giovane poeta France Presˇeren (1800-1849).<br />

Nel 1756 <strong>nel</strong>l’odierna via Ascoli sorse il primo nucleo <strong>della</strong> Sinagoga, <strong>nel</strong> quartiere<br />

abitato dagli ebrei, vicino a piazza Corno, dove una delle più illustri famiglie nobili<br />

<strong>della</strong> città, quella dei conti Attems-Petzenstein costruì il maestoso palazzo barocco,<br />

attualmente sede dei Musei Provinciali, progettato dall’architetto Nicolò Pacassi. Egli<br />

proveniva da una famiglia di origine greca che si era trasferita a Gorizia, come molte<br />

altre, da <strong>Venezia</strong>. Suo padre, Giovanni, fu chiamato a Vienna, a lavorare <strong>nel</strong>la famosa<br />

Cripta dei Cappuccini. Proprio vicino a Vienna, a Wiener Neustadt, nacque Nicolò<br />

(1716-1779), che divenne architetto <strong>della</strong> corte imperiale, conseguì l’abilitazione<br />

all’Accademia di Belle Arti di Vienna, fu nominato primo architetto, sovrintendente<br />

alle costruzioni imperiali, cavaliere e poi barone. Egli lavorò durante la sua brillante<br />

carriera in Austria (castello di Schönbrunn a Vienna), <strong>nel</strong>la repubblica Ceca, in<br />

Slovacchia e anche a Milano, ma mantenne sempre rapporti con Gorizia, dove possedeva<br />

una casa <strong>nel</strong>l’attuale piazza De Amicis. Ancora oggi possiamo ammirare il palazzo<br />

Attems-Santa Croce, attuale sede del Comune, il palazzo Attems-Petzenstein, sede<br />

dei Musei Provinciali, la sua fontana del Nettuno in piazza Vittoria e quella dell’Ercole,<br />

ora <strong>nel</strong> cortile di palazzo Attems.<br />

La vita religiosa <strong>della</strong> Contea fu colpita dalla politica antiecclesiastica adottata<br />

dall’imperatore Giuseppe II, che portò alla soppressione di decine di conventi di Ordini<br />

religiosi maschili e femminili che non fossero di pubblica utilità, cioè non prestassero<br />

la loro opera in ospedali, scuole o <strong>nel</strong>le parrocchie. Nel Goriziano fu anche soppresso<br />

l’Arcivescovado e furono venduti numerosi beni ecclesiastici. Per decreto dell’imperatore<br />

vennero chiusi i monasteri delle suore di Santa Chiara (1782), dei francescani<br />

eremiti di san Valentino, delle monache benedettine di Aquileia, dei Domenicani<br />

di Gradisca e delle suore di Farra, da esso dipendenti. L’arcivescovo di Gorizia Rodolfo

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